Nella lettura della nietzscheana Volontà di potenza (Friedrich Nietzsche La volontà di potenza Frammenti postumi ordinati da Peter Gast e Elisabeth Forster-Nietzsche; nuova edizione italiana a cura di Maurizio Ferraris e Pietro Kobau, Bompiani, 1995) mi sono imbattuto nell'estremamente interessante aforisma 763:
Proviamo ad immaginare lo scenario prospettato dall'ipotesi nietzscheano/gentiliana: ogni persona viene retribuita. Mettiamo anche una possibilità di gradazione nelle retribuzioni a seconda del "genere" d'impiego che la persona sceglie di svolgere. Di più: aggiungiamo pure un premio se tale persona nel suo impiego raggiunge risultati che permettono all'azienda, alla collettività di cui fa parte, di migliorare le proprie prospettive. Ma alla base l'ipotesi dei due filosofi è una retribuzione che svincola il lavoro dalla condizione di merce. Il lavoro non è più un prodotto che come gli altri prodotti materiali viene retribuito in base alle leggi di mercato, ma piuttosto è un "servizio" che da diritto a chi lo svolge ad essere mantenuto per svolgerlo.
Questa impostazione comporta un superamento del marxismo economico e del capitalismo con tutte le storture a cui essi ci hanno fatto arrivare.
Non coincide col cosiddetto reddito di cittadinanza, ma cambia la filosofia stessa del rapporto di lavoro. E non si tratta neppure di una rivoluzione al buio, dato che come ci ricorda Nietzsche, questa forma economica relativamente al rapporto di lavoro è già in essere per la dimensione militare. Questo cambiamento potrebbe cancellare la concezione mercantilistica del lavoro ed arrivare alla dimensione, preconizzata da Gentile, di "umanesimo del lavoro".
Sull'avvenire dell'operaio. Gli operai dovrebbero imparare a sentire come soldati. Un onorario, uno stipendio, ma non un compenso! Nessun rapporto fra salario e prestazione! Si deve invece mettere l'individuo, a seconda del genere in cui rientra, in condizione di fornire il massimo nel suo campo.Questo aforisma è estremamente interessante anche perché in qualche modo risuona in quanto Giovanni Gentile (che si può presumere non conoscesse il pensiero di Nietzsche) dice a proposito del lavoro degli insegnanti. Egli infatti affermava della relativa retribuzione che dovesse consentire loro di svolgere al massimo della loro competenza il lavoro senza esterne preoccupazioni di natura economica che avrebbero potuto distoglierli dal "fornire il massimo" nei loro compiti scolastici. Questo principio viene esteso da Nietzsche sostanzialmente a tutto il contesto lavorativo equiparando qualsivoglia lavoro all'impiego militare retribuito non come "prestazione", ma come garanzia di svolgimento della propria funzione.
Proviamo ad immaginare lo scenario prospettato dall'ipotesi nietzscheano/gentiliana: ogni persona viene retribuita. Mettiamo anche una possibilità di gradazione nelle retribuzioni a seconda del "genere" d'impiego che la persona sceglie di svolgere. Di più: aggiungiamo pure un premio se tale persona nel suo impiego raggiunge risultati che permettono all'azienda, alla collettività di cui fa parte, di migliorare le proprie prospettive. Ma alla base l'ipotesi dei due filosofi è una retribuzione che svincola il lavoro dalla condizione di merce. Il lavoro non è più un prodotto che come gli altri prodotti materiali viene retribuito in base alle leggi di mercato, ma piuttosto è un "servizio" che da diritto a chi lo svolge ad essere mantenuto per svolgerlo.
Questa impostazione comporta un superamento del marxismo economico e del capitalismo con tutte le storture a cui essi ci hanno fatto arrivare.
Non coincide col cosiddetto reddito di cittadinanza, ma cambia la filosofia stessa del rapporto di lavoro. E non si tratta neppure di una rivoluzione al buio, dato che come ci ricorda Nietzsche, questa forma economica relativamente al rapporto di lavoro è già in essere per la dimensione militare. Questo cambiamento potrebbe cancellare la concezione mercantilistica del lavoro ed arrivare alla dimensione, preconizzata da Gentile, di "umanesimo del lavoro".
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