Nel volume Machinima! Teorie. Pratiche. Dialoghi a cura di
Matteo Bittanti e Henry Lowood (Unicopli, 2013) è presente un saggio
che si rivolge direttamente a bibliotecari ed archivisti
relativamente al loro approccio alle problematiche dei diritti
d'autore e dei vincoli contrattuali imposti dai produttori
relativamente ai prodotti digitali, ai “new media” e
specificatamente a videogiochi, mondi virtuali e machinima. Si tratta
di La frizione che ferma la macchina. Tutto quello che gli
studiosi di videogame, i bibliotecari e gli archivisti possono
imparare dai creatori in [sic: ma “di”] machinima in materia di
copyright proposto da Kari Kraus, studiosa di new media ed
appassionata di preservazione di videogame e mondi virtuali, attiva
nel progetto Preserving Virtual Worlds condotto dalla UIUC (Graduate
School of Library & Information Science, and UI Library) con la
partecipazione della Library of Congress
(http://pvw.illinois.edu/pvw/). Nonostante quanto riportato dalla
Kraus si riferisca principalmente all'orizzonte legale statunitense,
le sue considerazioni possono essere utili anche al di fuori del
contesto americano dato il progressivo processo di omogeneizzazione
delle legislazioni relative al copyright spinto dalle major
internazionali dell'intrattenimento.
La Kraus ricorda che sia il privato – e quindi nel suo caso l'artista che utilizza un videogioco coperto da copyright per le proprie creazioni “derivate” come “mod” o “machinima” (ma si potrebbe estendere il tema anche al fenomeno della fan art e genericamente a tutte le creazioni cross-mediali spontanee) – sia il pubblico - impersonato da bibliotecari ed archivisti interessati a conservare e a riproporre nelle attività legate alle rispettive mission i videogiochi e genericamente i prodotti digitali sia originari sia derivati – si ritrovano di fronte da una parte a leggi – che pure dovrebbero garantire spazi di “fair use” - rigide ed incapaci di stare al passo con la velocità dell'innovazione tecnologica, e dall'altra a condizioni contrattuali estremamente svilenti nei confronti del proprio ruolo di creatore/preservatore/promotore.
Utenti privati e utenti pubblici si trovano pertanto di fronte sostanzialmente 4 vie per rapportarsi con i detentori del copyright di videogiochi, mondi virtuali e opere in formato digitale in genere:
In italiano esiste per questa acquiescenza il modo di dire “essere più realisti del re”. Dato che l'adeguamento delle leggi è più lento di quanto richiesto dall'innovazione dei new media e delle opere digitali, suggerisce Kraus, è nostro dovere di bibliotecari e bibliotecarie non l'inerzia in attesa che il legislatore ci tolga dagli impacci ma piuttosto studiare gli spazi interstiziali esistenti tra la lagge, le eccezioni che prevede e le licenze (End User License Agreement, o EULA) che i produttori forniscono, nella consapevolezza che – nel rispetto delle leggi vigenti – l'attenzione del bibliotecario e dell'archivista deve preferire, alla tutela del ritorno economico del produttore, la tutela della crescita culturale della comunità.
La Kraus ricorda che sia il privato – e quindi nel suo caso l'artista che utilizza un videogioco coperto da copyright per le proprie creazioni “derivate” come “mod” o “machinima” (ma si potrebbe estendere il tema anche al fenomeno della fan art e genericamente a tutte le creazioni cross-mediali spontanee) – sia il pubblico - impersonato da bibliotecari ed archivisti interessati a conservare e a riproporre nelle attività legate alle rispettive mission i videogiochi e genericamente i prodotti digitali sia originari sia derivati – si ritrovano di fronte da una parte a leggi – che pure dovrebbero garantire spazi di “fair use” - rigide ed incapaci di stare al passo con la velocità dell'innovazione tecnologica, e dall'altra a condizioni contrattuali estremamente svilenti nei confronti del proprio ruolo di creatore/preservatore/promotore.
Utenti privati e utenti pubblici si trovano pertanto di fronte sostanzialmente 4 vie per rapportarsi con i detentori del copyright di videogiochi, mondi virtuali e opere in formato digitale in genere:
Normalmente gli utenti privati, in particolare se intendono utilizzare le opere digitali come base per opere derivate (i machinima, appunto, i mod, ecc.) seguono la quarta via che normalmente porta alla prima anche perché sarebbe controproducente per i produttori digitali cercare una soluzione giudiziaria a fronte della pubblicità gratuita portata dalle opere derivate, nonostante possano infrangere alcuni aspetti del copyright. Kraus rileva invece come gli utenti pubblici, tendano a seguire unicamente la seconda strada a detrimento tuttavia delle loro stesse funzioni. Riporto la chiara argomentazione in merito della Kraus:
- Collaborazione amichevole tra le parti interessate (diplomazia, negoziazione, compromessi);
- Soluzioni legislative;
- Soluzioni giudiziarie […];
- Disobbedienza civile.
[…] archivisti, bibliotecari e studiosi di videogiochi dovrebbero smettere di preoccuparsi dei fanatici del copyright, chiedendo il permesso di utilizzare tali contenuti anche quando non è giuridicamente necessario. […]
Archivisti e bibliotecari devono rispettare le normative vigenti. Nondimeno, possono prendere spunto dai produttori di machinima per evitare di diventare complici negli abusi del sistema stesso che vogliono riformare. Il rischio di eccessiva deferenza nei confronti dei detentori di copyright è espresso in modo esemplare da Susan Bielstein in “Permissions, A Survival Guide: Blunt Talk about Art as Intellectual Property” (2006):
Chiedere il permesso (a un titolare dei diritti) con eccessivo zelo e laddove non sia esplicitamente richiesto produce una mentalità acquiescente. L'acquiescenza è una malattia micidiale, radicata nell'ansia e nell'ignoranza, che produce una cultura del permesso coatto […] nel mondo quotidiano della proprietà intellettuale, l'acquiescenza opera sotto il radar della legge. Rappresenta uno spreco di tempo e di denaro. Infine, crea una società vulnerabile agli abusi e ai grossolani ondeggiamenti ideologici della legge.
In italiano esiste per questa acquiescenza il modo di dire “essere più realisti del re”. Dato che l'adeguamento delle leggi è più lento di quanto richiesto dall'innovazione dei new media e delle opere digitali, suggerisce Kraus, è nostro dovere di bibliotecari e bibliotecarie non l'inerzia in attesa che il legislatore ci tolga dagli impacci ma piuttosto studiare gli spazi interstiziali esistenti tra la lagge, le eccezioni che prevede e le licenze (End User License Agreement, o EULA) che i produttori forniscono, nella consapevolezza che – nel rispetto delle leggi vigenti – l'attenzione del bibliotecario e dell'archivista deve preferire, alla tutela del ritorno economico del produttore, la tutela della crescita culturale della comunità.
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