Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da 2018

Ritratti di comunisti (con Giovanni Gentile)

In seguito alla scomparsa di Samir Amin lo scorso 12 agosto, avevo inaugurato su Facebook una serie di post sul tema "ritratti di comunisti" un po' per provocare chi sui social sostiene che il mondo ed in particolare l'Italia del dopoguerra sia sempre stata sotto la loro egemonia salutando il nuovo governo gialloverde come liberazione e cambiamento, un po' per ripercorrere la mia strada decisamente non convenzionale ad una riflessione che sicuramente non è e non vuole essere ortodossa, ma che pure col comunismo si confronta come luce che rischiara le tenebre dell'agire umano. E in questa carrellata di ritratti mancavano infatti Marx ed Engels, mancava Lenin, mancava anche Gramsci (anche se si tratta di un autore di cui mi dolgo sempre di non avere sufficiente conoscenza e frequentazione). C'erano invece appunto il terzomondismo di Samir Amin. C'era la rivoluzione russa vissuta giornalisticamente da John Reed. C'era il comunismo sovietico celebra

Calenda e l'educazione

Carlo Calenda due giorni fa ha twittato una frase che gli ha rivoltato contro - trasversalmente - il web. Ricordiamo che Calenda è stato dirigente d'azienda e Ministro dello Sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni. Il 3 novembre ha twittato: Alle critiche ha risposto più volte, in particolare: L'Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani (AESVI), in un post su Facebook sottolinea la personale avversità di Calenda per il medium che comunque non è stata lesiva del rapporto col settore durante la sua attività politica: Oggi abbiamo assistito ad una discussione molto accesa in seguito ad un tweet dell’ex Ministro Carlo Calenda sulla necessità di salvare i giovani dai “giochi elettronici” e dalla solitudine culturale ed esistenziale. Abbiamo incontrato Calenda non molto tempo fa, durante il suo incarico di governo come Ministro dello Sviluppo Economico. Ci fece subito presente la sua contrarietà ai videogiochi come genitore, ma nonos

Baudrillard e la seduzione delle fake news

Sto leggendo Della seduzione di Jean Baudrillard (in realtà per altri motivi: in questo libro Baudrillard esamina le attività del giocare e del barare in un testo già pubblicato nell'estate del 2015 dal Manifesto e che ho analizzato qui ) e, improvvisamente mi ritrovo di fronte una riflessione estremamente pertinente sulla realtà attuale e che, per coincidenza, va a spiegare piuttosto bene un piccolo ma increscioso incidente occorsomi. Questo testo è stato pubblicato originariamente da Baudrillard nel 1979 (l'edizione italiana a cui faccio riferimento è quella SE del 1997 con traduzione di Pina Lalli) ed in esso mi sembra si possa dire che egli riprenda e traduca filosoficamente lo slogan sessantottino dell'immaginazione al potere. In Baudrillard l'immaginazione diventa la seduzione come una possibilità da contrapporre alla realtà del sesso (utilizzato come strumento di produzione e di riproduzione del valore e del potere) ed all'iperrealtà della pornografia e

Alla ricerca del gioco ben giocato: Bernie De Koven

Pensateci. Una riserva di giochi nel vostro garage, dove, ogni volta che lo volete, tutta la vostra famiglia può giocare. Dopo cena, magari, quando tutto è stato rimesso in ordine. Immaginate cosa significherebbe avere questo posto con tutti i giochi e i giocattoli e le cose con cui vi piace giocare - i giochi che piacciono ai ragazzi, i giochi che piacciono agli adulti, i giochi che piacciono a tutta la famiglia - tutti lì, a disposizione per quando abbiamo voglia di giocare. E c'è tutta la vostra famiglia, che gioca assieme e diventa, per breve tempo, una comunità di gioco, in uno spazio speciale che avete costruito assieme perché ciò possa accadere. E quando arrivano i vostri amici, anche loro diventano parte della comunità di gioco, ed anche loro costruiscono le loro riserve di giochi, cosicché mai, mai più dovrete fare l'esperienza di non avere nessun posto in cui giocare quando avete voglia di giocare. E pensate a cosa potrebbe accadere al lavoro quando, magari per u

Di come Google ci vende tutti al miglior offerente

E' notizia recente della multa di 4,34 miliardi di euro comminata dall'Unione Europea a Google " per aver usato Android come mezzo per costruire un monopolio nella raccolta pubblicitaria nella telefonia mobile " ( Benedetto Vecchi Il sovranismo digitale nel risiko della Rete , Il Manifesto 19/07/2018 ). In questo contesto la lettura del libro Algorithms of Oppression: How Search Engines Reinforce Racism  di Safiya Umoja Noble ( NYU Press, pubblicato lo scorso febbraio ) è estremamente illuminante e chiarificatore. Tra l'altro la scelta di non citare esplicitamente Google nel titolo e di preferire il generico "search engines" è probabilmente editoriale, perché l'autrice, già professionista di alto livello nel settore digitale e ora docente di Information Studies alla Annenberg School of Communication University of Southern California, esamina praticamente in maniera esclusiva il motore di ricerca di Google. Noble parte dalla constatazione che il m

Hashtag Critlib

Ho appena terminato di leggere la raccolta, curata da Karen P. Nicholson e Maura Seale, di saggi presenti nel libro The Politics of Theory and the Practice of Critical Librarianship  (Sacramento CA, Library Juice Press, 2018). Si tratta di una raccolta di contributi sulla comunità legata a #critlib  di cui riporto la descrizione di Nora Almeida, una della autrici del volume: #critlib ("critical librarianship") is an intellectual activist movement indebted to both postmodern educational theory and social protest movement culture. [...] As a symbol, the #critlib hashtag evokes a dispersed collective of librarians who ascribe to certain shared values that inform their work in libraries. [traduzione mia: #critlib ("biblioteconomia critica") è un movimento di attivismo intellettuale debitore sia alla teoria educativa postmoderna (ripetutamente citata nel volume l'opera di Paulo Freire) sia alla cultura del movimento di protesta sociale. [...] In qualità di simbo