Passa ai contenuti principali

Contro la divinazione fast-food: lo "I Ching"

I miei figli ogni tanto si e mi domandano quale esattamente sia la mia fede religiosa. Un po’ per scherzo un po’ no, dico loro che sono taoista: del resto ho riletto il Tao Te Ching (meglio: il Daodejing secondo la translitterazione Pinyin; per motivi puramente sentimentali mi sia perdonato l’uso della vecchia translitterazione Wade-Giles per parlare del Libro della Via e della Virtù) svariate volte e ne posseggo almeno 4 edizioni significative (Adelphi, Utet e due diverse Einaudi). Certo la mole è diversa rispetto ad altri testi "sacri" quali la Bibbia o il Corano, ma per certi versi contrapposta alla difficoltà e profondità del messaggio. Tuttavia non vorrei qui parlare del Tao Te Ching, quanto di un altro classico cinese ancora più antico: Il libro dei Mutamenti o I Ching (Pinyin: Yijing). La composizione dell’I Ching risale a oltre un millennio prima della nascita di Cristo come forma di registrazione delle divinazioni fatte utilizzando le ossa degli animali e utilizzando le linee che si producevano in esse mentre bruciavano: la linea intera corrispondeva alla forza (yang), la linea spezzata alla debolezza (yin). Dall’alternanza di linee intere e spezzate sono stati composti inizialmente 8 trigrammi e poi 64 esagrammi, ognuno con una sentenza, un’immagine correlata, commentari che si sono aggiunti nel corso dei secoli e le sentenze alle singole linee che possono essere variabili mutando l’esagramma originario in un altro. Nel 136 a.C. il testo con i relativi commentari (per lo più di scuola confuciana) sono stati “canonizzati” dando al testo la forma che possiamo leggere ancor oggi. La più nota traduzione occidentale è quella del sinologo e missionario tedesco Richard Wilhelm pubblicata nel 1924 ed utilizzata all’interno dei suoi studi sulla simbologia dell’inconscio da Carl Gustav Jung. La traduzione di Wilhelm (con l’introduzione di Jung) fu ritradotta in italiano nel 1950 da Astrolabio (col titolo italiano ripreso pari pari con la grafia tedesca: I King) ed è la medesima oggi ripubblicata da Adelphi. Fondazione Eranos negli anni ‘90 coordinò una nuova traduzione direttamente dal cinese pubblicata nel 1996 da red studio redazionale, ripubblicata l’anno successivo nela collana di Classici delle religioni di Utet e oggi disponibile per Feltrinelli. Esiste inoltre un’edizione tradotta dal cinese da Elena Judica Cordiglia per Edizioni Mediterranee la cui prima edizione è uscita nel 1982. Trovare pertanto un’edizione diversa disponibile liberamente online (http://www.labirintoermetico.com/09IChing/index.htm) e anche scaricabile in formato PDF è stata una bella sorpresa. L’autore di questa versione è Daniele Ferrero che non traduce direttamente dal cinese, ma piuttosto prende un’edizione inglese accurata e recente come riferimento compiendo comunque un confronto incrociato con altre edizioni inglesi e italiane disponibili. Qui la spiegazione di come Ferrero sia giunto alla versione che presenta:


Purtroppo le traduzioni dell'I CHING che risultano, allo stato degli studi attuali, tra le più fedeli sono ancora del tutto sconosciute al lettore italiano, in quanto pubblicate finora unicamente in lingua inglese. Una traduzione che è assolutamente indispensabile tenere presente come punto di partenza oggi è senza dubbio quella di Richard Rutt (Zhouyi, the book of changes, a new translation with commentary by Richard Rutt, Curzon, New York 2002), che ha introdotto grandi novità delle quali parleremo tra poco. Altre traduzioni degne di rilievo sono quelle di Huang (che però spesso si mostra ancora troppo dipendente dalla versione di Wilhelm), di Lynn (notevole soprattutto per la grande quantità di commentari aggiunti) e di Shaughnessy (che traduce però esclusivamente il manoscritto Mawangdui).

In Italia, un significativo passo avanti è stato compiuto con la pubblicazione, nel 1996, della versione dell'I CHING curata dalla Fondazione Eranos (I Ching, il libro della versatilità, a cura della Fondazione Eranos, ed. RED, Novara 1996). Questa versione ha il grande pregio di rispettare "alla lettera" il testo tradizionale cinese, traducendo gli ideogrammi uno per uno nell'ordine in cui si presentano, a discapito della sintassi italiana. Un ampio apparato di note fornisce poi, per ciascun ideogramma tradotto, altri significati principali possibili. Tuttavia, come giustamente fa rilevare Rutt, questa versione non si può chiamare propriamente una "traduzione", in quanto il mancato rispetto della sintassi delle lingue moderne rende spesso del tutto oscuro il senso anche delle frasi più semplici e il risultato finale è quello di "un astratto mosaico di parole" (Rutt, op. cit., p. 82).

Per tutti questi motivi abbiamo ritenuto che una nuova traduzione del testo dell'I CHING, accessibile al pubblico italiano e in linea con gli studi più recenti, fosse indispensabile e ci siamo sobbarcati il non facile compito di affrontarla. Non essendo dei sinologi, la nostra traduzione non pretende certo di avere l'autorità di quelle citate precedentemente. Prefiggendoci un obiettivo decisamente più modesto, il nostro lavoro è consistito essenzialmente nel confronto accurato delle migliori e più recenti traduzioni - in primo luogo quella di Rutt, che è stata raffrontata costantemente con la classica versione di Wilhelm, con quella della Fondazione Eranos, con quella di Huang e con altre ancora - per ricavarne un testo il più possibile fedele all'originale ma anche sufficientemente chiaro e comprensibile per il lettore italiano.

Il testo che abbiamo ottenuto è comunque un lavoro originale che non si può semplicemente considerare una versione riveduta e corretta di quella di Wilhelm o una traduzione dall'inglese del libro di Rutt.


Il testo di Ferrero è apprezzabile tanto più in quanto adotta accorgimenti grafici che ci consentono di agevolare la lettura e fornisce anche una “interpretazione moderna” che spesso è utile ed illuminante. Per spiegare perché non lo sia sempre occorre qui però soffermarsi sulla duplice interpretazione avvenuta nei secoli dell’I Ching (tra l’altro molto bene documentata in I Ching, una nuova lettura del libro dei Mutamenti di Richard J. Smith, il Mulino, 2018): da una parte abbiamo la scuola “numerologica” che vede il testo come principalmente divinatorio (la versione italiana è certamente quella della Fondazione Eranos) in cui gli esagrammi si collegano attraverso alchimie appunto numerologiche che vanno seguite per poter effettuare una divinazione il più possibile precisa ed attendibile; dall’altra parte abbiamo la scuola di derivazione confuciana che vede nel testo principalmente un manuale di corretto comportamento nelle varie situazioni che possono presentarsi. A complicare il tutto arrivano le influenze taoiste sia a livello filosofico (il Tao come forza unificante che produce tutte le mutazioni possibili) sia a livello magico (le permutazioni numerologico/alchemiche che consentono il prolungamento della vita terrena) e quelle buddhiste. A qualunque scuola si appartenga, originalmente le linee degli esagrammi erano ricavate mediante un complesso rituale da svolgersi con bastoncini, meditando nel contempo con l’aiuto dell’incenso. Successivamente si è velocizzata la procedura mediante il lancio di tre monete. Oggi qualsiasi fatica è abolita perché basta lanciare su Google la ricerca “I Ching” ed escono numerosi siti che riportano non solo le sentenze ma permettono anche di lanciare virtualmente le tre monete. La banalizzazione della procedura ridotta a comode pillole omeopatiche da trangugiare e dimenticare altrettanto velocemente corrisponde alla banalizzazione dell'oroscopo che da profilo psicologico caratteriale compilato in base a come si pone la nascita nel ciclo delle stagioni dell'anno e del complessivo movimento cosmico, si riduce a frasetta da giornale con palline o stelline a velocizzare la comprensione. Il tutto nato per riflettere e meditare e ridotto ad alibi per non meditare affatto. In realtà l’I Ching non è certamente “solo” un testo divinatorio e, anche se si pensa che la divinazione ne costituisca la finalità principale, occorre ammettere che esso è anche contemporaneamente una sorta di “enciclopedia” sul mondo e sul modo corretto di comportarsi all’interno di esso. Perciò l’attività di “chiedere” al libro come oracolo non può essere banalizzata, ma deve invece passare attraverso un percorso di chiarificazione interiore, necessario per potere interpretare il responso. Per questo occorrerebbe (anche a fronte dei personaggi più o meno improbabili che ci dispensano saggezza sulla materia ad esempio su Youtube) tornare all’antica forma di formazione dell’esagramma. Ma anche senza interrogare, la lettura delle sentenze e dei commentari canonici può e deve essere motivo di riflessione e meditazione.

Ad esempio – e ritorniamo all’edizione di Ferrero – quando alla linea 3 dell’esagramma 41 (La Diminuzione – Diminuire) la cui sentenza è la seguente: “Tre persone viaggiano insieme e diminuiscono di una persona; una persona viaggia da sola e trova un amico. Commento: «Una persona viaggia da sola»: tra tre persone nascono disaccordi” Ferrero aggiunge come interpretazione moderna: “ Uno ottiene supporto, e tre si muovono come uno solo. Se una persona prende posizione, gli altri si uniranno a lui. Uno per tutti e tutti per uno. Per essere efficace un gruppo di persone deve lavorare come una sola. Accantonate le necessità e i desideri individuali” ci si trova di fronte esattamente ad una interpretazione che per voler calare troppo in fretta la ieraticità di una sentenza vecchia di tremila anni nel contesto attuale, manca della necessaria meditazione. Qui ad esempio, prima di andare a consultare qualsiasi altra fonte, parrebbe sensato interpretare che chi viaggia con troppa compagnia (cioè chi si accinge ad un compito con troppe persone non accortamente scelte) finirà col perderne qualcuna per strada, mentre chi si accinge da solo al viaggio o ad un compito potrà trovare chi possa aiutarlo in maniera ben più efficace. Andiamo ora a leggere il commento nell’edizione Wilhelm: “Dove stanno assieme tre sorge gelosia. Allora uno deve cedere. Unione veramente intima è possibile soltanto a due. Dove però qualcuno egli trova certamente un compagno che lo completa”. Il commento nell’edizione di Judica Cordiglia: “Non si può essere in molti se si vuole lavorare serenamente perché facilmente sorgono gelosie, magari taciute, ma non per questo meno fastidiose, discussioni e contrasti che spesso impediscono di continuare per la propria strada. Quando si è soli o con pochi compagni, quando si fanno pochi progetti per volta o si esaminano i problemi ad uno ad uno senza confonderli, il lavoro diventa fervido, lieto, fattivo, non ci sarà dispersione di forze e l’interesse convergerà verso un fine sicuramente positivo”.

Personalmente dubito delle divinazioni e leggo piuttosto l’I Ching come un libro-mondo in grado di offrire consigli da un remoto passato, consigli che non intendo in modo banalmente oracolare, ma piuttosto come spunti di riflessione su quali siano le strade che si aprono di fronte, le possibilità connesse ad una situazione problematica che di volta in volta ci può coinvolgere. Un libro-mondo scevro dalla preoccupazione di individuare un’entità prima e somma, creatrice e ordinatrice. Nell’orizzonte dell’I Ching (ma anche del Tao Te Ching) non c’è/ci sono divinità creatrice/i: c’è la natura coi suoi cicli, ci sono gli esseri viventi (non necessariamente solo quelli naturali, ma anche i “soprannaturali”, pur blanditi con preghieri e sacrifici, rientrano nell’ordine del cosmo). Quindi un’orizzonte privo di fideismo, privo di speranza in una salvezza ulteriore a quella che è possibile trovare agendo in modo corretto e responsabile nell’hic et nunc dell’esistenza.

Proviamo pertanto a fare un esperimento (con le monete, purtroppo, ché coi bastoncini mi devo ancora esercitare): poniamo all’I Ching la questione della pandemia. Qual è la strada, come società, per superarla nel modo meno pernicioso.

L’esagramma ottenuto è 24 Il Ritorno (La Svolta) – Ritornare con la seconda e la quinta linea mobili che producono l’esagramma 60 La Delimitazione – Limitare.

Riprendiamo (anche le immagini) dall’edizione online di Ferrero:



Esagramma 24 Il Ritorno (La Svolta) – Ritornare

Sentenza: Il Ritorno. Riuscita. Uscire e rientrare senza male. Amici arrivano. Nessuna sfortuna. La stessa è la via dell'andare e del tornare e al settimo giorno viene il ritorno. Propizio quando c'è un luogo in cui andare.

Commento alla Sentenza: Il Ritorno: «riuscita». La linea dura ritorna [dalla sua posizione nell'esagramma 23] in basso: "Mobile" e "devoto". «Uscire e rientrare senza male», e «amici arrivano; nessuna sfortuna». «La stessa è la via dell'andare e del tornare e al settimo giorno viene il ritorno». Questa è la legge dei corpi celesti. «Propizio quando c'è un luogo in cui andare», perché la linea dura è destinata a crescere. Insomma, il Ritorno ci fa capire la legge intrinseca del cielo e della terra.

Immagine: Il Tuono sotto la Terra: questa è l'immagine del Ritorno. Ispirandosi ad essa, gli antichi Re nel giorno del solstizio invernale facevano chiudere le porte della città, impedendo l'ingresso ai mercanti e agli stranieri, mentre i sovrani quel giorno non ispezionavano i lori territori.


Linea 2 - Yin (6): Ritorno soddisfatto. Fausto.

Commento: Segno «fausto» per chi «ritorna soddisfatto»: grazie alla bontà [della linea] sottostante.


Linea 5 - Yin (6): Ritorno agevole. Nessun rimpianto.

Commento: «Ritorno agevole; nessun rimpianto»: essendo centrale è capace di esaminare se stesso.


Esagramma 60 La Delimitazione – Limitare

Sentenza: La Delimitazione. Riuscita. Amara delimitazione. L'oracolo non è possibile [che sia favorevole].

Commento alla Sentenza: Delimitazione. «Riuscita»: le linee dure e morbide sono uguali in numero e le linee dure hanno la posizione centrale. «Amara delimitazione: l'oracolo non è possibile», perché la sua via si esaurisce. Il "gioioso" insieme al "pericoloso" danno posizioni adatte nella Delimitazione, muovendosi verso il centrale e il corretto [quinta linea]. Quando il cielo e la terra hanno le loro delimitazioni, le quattro stagioni completano le loro funzioni. Quando la Delimitazione è debitamente controllata [da un buon governo], i beni non vengono pregiudicati e la gente non è danneggiata.

Immagine: L'Acqua sopra il Lago: questa è l'immagine della Delimitazione. Ispirandosi ad essa, il signore istituisce numero e misura e discute la virtù e la retta condotta.


Commenti dall’edizione Wilhelm:


24. Fu – Il ritorno (il tempo del volgimento)

Il tempo del volgimento è accennato dal fatto che, dopo che le linee oscure hanno spinto fuori verso l’alto tutte le chiare, adesso una linea chiara rientra di nuovo dal basso nel segno. Il tempo delle tenebre è passato. Il solstizio reca la vittoria della luce. Il segno è coordinato all’undicesimo mese, al mese del solstizio (novembre-dicembre).

Commento alla sentenza

Dopo un tempo di decadimento viene il tempo del volgimento. Riappare la forte luce che prima era stata scacciata. Vi è movimento. Questo movimento non ha, però, nulla di forzato. Il segno superiore Kkunn ha per carattere la dedizione. Si tratta dunque di un movimento naturale, generato spontaneamente. Perciò trasformare il passato è facilissimo. Cose vecchie vengono eliminate, cose nuove introdotte; e tutto corrisponde al tempo senza perciò recare alcun danno. Si formano associazioni di persone delle medesime idee. E questa unione avviene pubblicamente, essa corrisponde alla situazione del tempo e perciò ogni aspirazione politica particolaristica è esclusa; tali unioni non danno luogo ad alcun errore. Il ritorno è inerente al corso della natura. Il movimento è circolare. La via è chiusa in se stessa. Non c’è quindi mai bisogno di agire con precipitazione. Tutto viene da sé non appena il suo momento è giunto. Quest’è il senso di cielo e terra.

Tutti i movimenti si compiono in sei gradi. Il settimo grado reca, poi, il ritorno. Così nel settimo mese dopo il solstizio estivo, a partire dal quale l’annata cala, viene il solstizio invernale; così nella settima ora doppia dopo il tramonto il sole risorge. Perciò il sette è il numero della luce giovane, che nasce dal fatto che il sei, il numero delle grandi tenebre, si accresce di uno. Con ciò l’arresto comincia a muoversi.

Commento all’immagine

Fin dai tempi più antichi in Cina il solstizio invernale era festeggiato quale tempo di riposo dell’annata – un’usanza che si mantiene ancor oggi nelle ferie dell’anno nuovo. Nell’universo la forza vitale – simboleggiata dall’eccitante, dal tuono – sta ancora sotto terra. Il movimento è ai suoi inizi. Perciò bisogna rinvigorirlo col riposo, onde non inaridisca consumandosi anzitempo. La massima di lasciare che la forza che sta ricominciando a manifestarsi si rinvigorisca col riposo, vale in tutte le circostanze analoghe. La salute che ritorna dopo un dissidio: tuto deve essere trattato delicatamente e con riguardo durante la prima fase iniziale, onde il ritorno conduca alla fioritura.

Commenti alle linee:

6 al secondo posto:

Il ritorno in se stessi abbisogna sempre d’una decisione volontaria, ed è un atto di vittoria su se stessi. È facilitato se si sta in buona compagnia. Se ci si può risolvere a scendere dal proprio piedistallo ed a regolarsi secondo degne persone, ciò reca salute.

6 al quinto posto:

Quando è venuto il tempo del volgimento non bisogna nascondersi dietro magre scuse, ma rientrare in se stessi ed esaminarsi. E se si è commesso qualche errore bisogna confessarlo con magnanima decisione. Questa è una strada della quale nessuno si pentirà.

60. Tsie – La Delimitazione

Il lago ha una estensione delimitata. Entrandovi una maggior quantità d’acqua esso trabocca. Bisogna perciò porgli dei limiti. Nell’immagine sono le acque sopra e le acque sotto, quelle tra le quali la solidità del cielo è posta come barriera.

La parola cinese per delimitazione significa veramente le solide sezioni dalle quali i gambi di bambù sono suddivisi. Nella vita comune s’intende con essa la parsimonia che possiede limiti fissi per le sue spese. Nella vita morale sono i limiti fissi ai quali il nobile commisura le sue azioni, le barriere della fedeltà e del disinteresse.

Commento alla sentenza

Barriere sono penose. Ma esse hanno grande effetto. Essendo parsimoniosi nella vita comune si è armati nei tempi di bisogno. Trattenendosi ci si risparmiano svergognamenti. Ma le barriere sono altrettanto indispensabili per mettere ordine nei rapporti universali. La natura ha limiti fissi per estate e per inverno, giorno e notte, e da questi limiti l’anno riceve il suo significato. Così la parsimonia serve perché i beni siano conservati mediante limiti fissi nelle spese, e perché gli uomini non vengano danneggiati.

Soltanto bisogna mantenere la misura anche nella limitazione. Se si volessero imporre alla propria natura dei limiti troppo amari essa ne soffrirebbe. Se si volesse spingere troppo oltre la limitazione degli altri essi si rivolterebbero. Perciò ci vogliono dei limiti anche nel limitare.

Commento all’immagine:

Il lago è una cosa finita: l’acqua è inesauribile. Il lago può comprendere solo una determinata misura dell’infinita acqua. In ciò consiste la sua peculiarità. Delimitandosi ed erigendo delle barriere l’individuo acquista il suo significato anche nella vita. Qui ora si tratta di fissare con tutta chiarezza queste separazioni, le quali sono, per così dire, la colonna vertebrale della morale. Possibilità illimitate non sono fatte per l’uomo. Con questo la sua vita non farebbe altro che dissiparsi nell’illimitato. Per diventare forti bisogna istituire delle spontanee barriere di doveri. Solo circondandosi di queste barriere e fissando liberamente da sé i comandamenti del dovere, ogni uomo acquista valore quale spirito libero.


Quello che leggo in questo responso è il ritorno ad una situazione di normalità. Un ritorno delicato, ancora incerto, legato alla possibilità che le persone si uniscano curando l’interesse comune piuttosto che i particolarismi e riconoscendo apertamente (come esplicitato dalla quinta linea) gli errori commessi. Il successo del ritorno è legato al non forzare la natura ma al lasciarla rientrare nel suo corso naturale ed alla decisione di attuare dolorose necessarie limitazioni: limitazioni allo sfrittamento (risparmio) ma anche limitazioni all’indiscriminata circolazione (il porre barriere). Tali limitazioni devono essere però assunte non per interessi particolaristici ma in nome del bene comune ed adeguate alla situazione. Quello che leggo nell’I Ching è più convincente di qualsiasi analisi socio-politica ed è un viatico prezioso che dovrebbe essere sottoposto ai nobili e agli imperatori della Terra.

Meditare il testo ottenuto nell'ottica di capire quale sia la migliore posizione da tenere, quali le opzioni proposte dai politici da supportare non è semplicemente una predizione in formato ricetta medica: prendi questa medicina e starai meglio. Il testo interroga noi che lo interroghiamo e ci domanda quali siano le nostre motivazioni palesi e profonde, quanto siamo disposti a fare per raggiungere i nostri obiettivi. Non ci chiede di fidarci di una divinità, non ci chiede neppure di fidarci di esso stesso: ci pone piuttosto di fronte a noi stessi spingendoci a chiarificare i nostri pensieri e le nostre motivazioni. L'ottica può essere vista in analogia a quella di chi conduce una barca a vela. L'orizzonte tecnologico del mondo occidentale pensa che ci sia uno strumento in grado di risolvere qualsiasi difficoltà: il problema è avere le capacità e le risorse per costruirlo. Al contrario l'orizzonte in cui ci mette l'I Ching è quello di persone immesse in un cosmo ciclico, sostanzialmente indifferente ai nostri obiettivi, in cui dobbiamo imparare a sfruttare le forze che vanno a nostro vantaggio ed evitare quelle che ci possono nuocere. Esattamente come il comandante di una barca a vela non pretende di rimanere fermo quando spira il vento e di far correre la nave quando esso è fermo ma piuttosto usa venti e correnti a proprio vantaggio per mandare l'imbarcazione quanto più nella direzione voluta e sfrutta la bonaccia per riposo e riparazioni, chi utilizza l'I Ching lo fa per anticipare il vento o la bonaccia e prepararsi adeguatamente.


Commenti

I post più popolari nell'ultimo anno

Homo ludens: play e game

  La lettura di Homo ludens di Johan Huizinga, il testo che per primo consapevolmente e programmaticamente analizza il gioco all’interno della storia e della cultura umana, e che per questo viene considerato all’origine dei “game studies” ( vedi qui per un parallelo tra l’analisi huizinghiana e l’antico classico cinese I Ching ), pubblicato originariamente nel 1939, nell’edizione italiana (quella utilizzata dal sottoscritto è del 2002) Einaudi si arricchisce di un saggio introduttivo di Umberto Eco del 1973: “Homo ludens” oggi . Sinteticamente Eco rimprovera ad Huizinga di non considerare nel suo testo la dicotomia, perfettamente esplicitata in lingua inglese, tra play e game . Play , l’oggetto del libro huizinghiano, è l’attività ludica, il giocare. Game è invece il sistema di regole e meccaniche del gioco. Nella sua critica ha ragione a sottolineare come Huizinga, che pure sottopone ad una analisi linguistica approfondita il concetto di gioco passando dalle lingue primitive a quel

No more Facebook

Ormai da più di un mese il mio account Facebook è bloccato. Tutto è iniziato con la richiesta di Facebook di caricare un documento d'identità fotografandolo tramite una app messa direttamente a disposizione dal social. Da allora il laconico messaggio che mi si propone è il seguente: Il controllo delle tue informazioni potrebbe richiedere più tempo del solito Grazie per aver inviato le tue informazioni. Le abbiamo ricevute correttamente. A causa della pandemia di coronavirus (COVID-19), disponiamo di un numero inferiore di persone addette al controllo delle informazioni. Il controllo del tuo account potrebbe richiedere più tempo del solito. Facciamo sempre molta attenzione alla sicurezza delle persone su Facebook, pertanto fino ad allora non potrai usare il tuo account. Grazie per la comprensione.  Ora, dopo il tempo passato, il messaggio è evidentemente farlocco dato che anche la pubblica amministrazione più inefficiente e disorganizzata sarebbe riuscita in oltre un mese a controll