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Heidegger, il nazismo e il pensiero

Ho già parlato in due post del libro di Faye (Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia), ma ora, dopo averne conclusa la lettura, vorrei esprimere in modo maggiormente circostanziato il mio parere.

Innanzi tutto tante sono e tali le prove portate e commentate sul nazismo e sul razzismo di Heidegger nelle sue opere che non ha alcun senso tentare, come per altro pure fa Vattimo nella sua recensione già commentata, di negarlo.


Vattimo sostiene:

Il punto è che l'hitlerismo di Heidegger - innegabile dopo il 1933 e mai fatto oggetto da lui di un vero e proprio ripudio, di un atto di pubblico pentimento - non dà luogo a una filosofia razzista, tanto che i molti interpreti che hanno letto e utilizzato Heidegger anche «da sinistra», non lo hanno mai rilevato.

Quello che Faye invece dimostra, e non basta sostenere che non è vero perché nessuno prima se n’è accorto, è esattamente che la filosofia di Heidegger è improntata al nazismo ed al razzismo. Quello invece che mi pare assolutamente da rifiutare del suo ragionamento è che, perché le opere heideggeriane sono improntate al nazismo ed al razzismo, non siano da considerare opere filosofiche.

A p. 445 Faye infatti scrive:

Contro questa perversione radicale del pensiero si deve riaffermare che nessuna filosofia può costituirsi sulla negazione dell’esistenza umana come tale.

Il punto è proprio questo: può un pensiero umano in quanto tale essere definito filosofia o al contrario la sua filosoficità dipende se non solo almeno anche dalla sua caratterizzazione politica: nazista, fascista, comunista, liberista, aristocratica, democratica, liberale, capitalista, ecc.?

Faye riporta agghiaccianti passi di Heidegger dove questo sostiene che nessuno è morto nei campi di concentramento nazisti perché la morte è un esperienza riservata agli esseri umani mentre i campi possono essere equiparati ad allevamenti industrializzati. Invocheremo un destino tragico per i polli uccisi per essere impacchettati e venduti nei supermercati? Perché dunque dovremo fare una tragedia per la sorte degli ebrei, evidentemente non abbastanza “umani” per essere considerati in grado di “morire” dato che “La morte appartiene all’esserci dell’uomo fatto avvenire in base all’essenza dell’Essere” (testo ripreso dalla conferenza Il Pericolo citato da Faye a p. 430)? Ma la posizione di Faye corre il rischio di portare all’assurdo opposto: negare che nei campi di concentramento sia avvenuto uno sterminio non perché come sostiene Heidegger gli ebrei non sono esseri umani ma perché non sono esseri umani i nazisti che l’hanno compiuto. Se i nazisti non sono esseri umani, ovvero non sono in grado di pensare filosoficamente come invece è a disposizione dell’essere umano, allora lo sterminio dei campi di concentramento diventa - come sostiene Heidegger, anche se per il motivo opposto - una disgrazia come lo è una carestia o una valanga ma non uno sterminio voluto e, in quanto voluto, frutto di una decisione conseguente ad un atto del pensiero.


Al contrario dobbiamo sostenere l’essere umano sia degli ebrei, vittime dei campi di concentramento dove la loro morte è stata contemporaneamente morte di esseri umani e morte della civiltà moderna che in quel tragico epilogo è tramontata, sia dei nazisti, carnefici nei campi perché coscientemente hanno pensato di poter dimostrare il destino di presunta superiorità della loro presunta razza dominando e distruggendo le presunte altre razze. Il negare che possa essere filosofo Heidegger è lo stesso che il negare che possa esser filosofo chiunque pensi all’interno di un qualsiasi altro orizzonte politico o razziale. Negheremo dunque anche a Marx o a Gramsci di poter essere filosofi perché comunisti? Negheremo a Croce o a Popper di poter essere filosofi perché liberali? Si obietterà che costoro non hanno avallato lo sterminio di un popolo? Ma i primi sono sostenitori della lotta di classe e i secondi giustificano implicitamente la povertà di larga parte della popolazione. 


Non ha ragione Vattimo quando sostiene che il pensiero di Heidegger non è nazista e razzista perché ci sono molti heideggeriani anche di sinistra sparsi per il mondo, e tuttavia quando Faye critica ad Heidegger di non essere riuscito a capire il fondamento della sentenza hegeliana secondo cui il reale è razionale, avrebbe dovuto capire come tale sentenza doveva essere istruttiva per le sue stesse conclusioni. Se tanti pensatori in tutto il mondo riflettono sui problemi posti da Heidegger, non vorrà dire che tali problemi dipendano meno da un riflettere nazista e razzista, ma - il reale è razionale - significa che tali problemi sono comunque cogenti per il pensiero, ed in quanto tali sono filosofia.


Non con questo il libro di Faye è meno utile e le sue esortazioni a porre attenzione alle origini - naziste e razziste - della riflessione heideggeriana meno essenziali. Ma non di meno è necessario leggere e studiare Heidegger perché egli è davvero il filosofo dell’abisso e del tramonto dell’Occidente. Un Occidente che pensa di aver superato senza possibilità di ritorno quell’abisso, ma al contrario quella che stiamo vivendo non è che una lunga parentesi e la dimostrazione di ciò è che il pensiero là si è fermato non essendoci all’orizzonte nessuno nuovo sistema filosofico che possa inquadrare la cosiddetta contemporaneità. Cosa ci sarà oltre questa parentesi sarà determinato anche dalla capacità di pensare Heidegger ed il nazismo per superarli in qualcosa che oggi ancora non c’è. In alternativa il ritorno del pensiero di destino dell’uomo in forma di popolo ritornerà a dettare le vicende umane, anche se il popolo non si chiamerà magari nazista o ariano ma Islam o anti-Islam, o anche “solo” capitalismo.

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