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Economia anticapitalista in Rojava

Pubblicato di recente in inglese (una precedente edizione in spagnolo era stata pubblicata nel 2022) il testo della sociologa curda Azize Aslan: Anticapitalist Economy in Rojava. The Contradictions of Revolution in the Kurdish Struggle (Daraja Press). Il testo presenta la rivoluzione del Rojava esponendone la storia, i risultati, ma anche i problemi e le contraddizioni.

La rivoluzione in Rojava è il frutto della lotta per l’indipendenza e l’autodeterminazione del popolo curdo che ha inizio successivamente agli accordi successivi alla Prima guerra mondiale, che spartiscono il territorio dell’ex Impero ottomano in stati nazionali con confini creati artificiosamente per andare incontro alle esigenze coloniali dei paesi usciti vincitori dalla guerra. Situazione ancor più deprecabile poiché non siamo in presenza “solo” della cancellazione di una nazione, ma anche del popolo curdo, che viene spossessato dalle sue terre, proprietà e diritti e costretto a “integrarsi” con le nazioni in cui è stato suddiviso (Turchia, Siria, Iran e Iraq) mediante il divieto di utilizzare la propria lingua e le proprie tradizioni. Negli anni ‘70 si assiste alla nascita del PKK (il Partito Curdo dei Lavoratori) di estrazione marxista-leninista, ma che si stacca dalla sinistra turca per unire alle aspirazioni rivoluzionarie di ambito comunista le aspirazioni autonomiste per il popolo curdo.

Alle rivolte e alla lotta per tale autonomia, in particolare contro lo stato turco, seguono repressioni feroci, incarcerazioni massive con torture e violazioni dei diritti civili: ne possiamo ampiamente leggere un resoconto nella autobiografia di Sakine Cansiz, cofondatrice del PKK assieme ad Abdullah Ocalan.

Uno spazio per la creazione di un territorio autonomo curdo si crea però non in Turchia ma in Siria quando, nel 2011, anche in seguito alla “ventata” della “primavera araba”, scoppia la guerra civile. La situazione sociopolitica in Siria è particolare. Intanto la maggior parte della popolazione curda, presente nel nord del paese, nei territori al confine con la Turchia e con l’Iraq, è privata delle proprietà e dei diritti civili e sul territorio, assai fertile, viene creata la cosiddetta “arab belt” spostando forzosamente famiglie arabe. Da un punto di vista economico il regime di Assad impedisce la creazione di industrie agroalimentari in loco e acquista direttamente tutti i prodotti agricoli rivendendoli poi raffinati alle popolazioni, in una sorta di collettivismo di stato. Questa situazione diventa particolarmente problematica quando il meccanismo della redistribuzione sul territorio dei prodotti alimentari si interrompe a causa della guerra civile e della successiva “invasione” da parte delle milizie dell’ISIS, che sfruttano la debolezza del periodo sia in Siria sia in Iraq. In questo modo si crea uno spazio nel nord est della Siria in cui può inserirsi il movimento curdo per creare una regione autonoma a guida curda ma aperta alle altre etnie presenti: l’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est (AANES), comunemente chiamata Rojava.

Il Movimento curdo porta in questa zona i principi fondanti del confederalismo democratico elaborati da Ocalan come superamento del marxismo classico e i principali traguardi sono senza dubbio quelli di creare uno spazio sociale basato su una democrazia assembleare che valorizzi la presenza femminile, sia aperto al contributo di tutte le etnie e confessioni, tuteli la dimensione ecologica, e che si concretizzi, dal punto di vista economico, nel cooperativismo. Buona parte del libro di Aslan è dedicato proprio ad analizzare le modalità di creazione delle cooperative in Rojava, i problemi che hanno dovuto affrontare e le criticità che tutt’ora le affliggono, anche in una comparazione con analoghe esperienze in America latina, in particolare quelle zapatiste in Chiapas. Premesso che la situazione di partenza non era assolutamente “neutra” ma nasceva da una dimensione lontana da un “puro” capitalismo (il “collettivismo di stato” sopra brevemente descritto) e che si è sviluppata in una dimensione di conflitto permanente (col regime di Assad; con l’ISIS; con la Turchia che ha invaso una parte del Rojava – il cantone di Afrin – e mette in difficoltà il lavoro agricolo con la creazione di imponenti dighe che bloccano l’afflusso di acqua per l’irrigazione; con gli “alleati” come la coalizione occidentale che ha supportato il Rojava fino a quando l’ISIS non è stato più percepito come una minaccia e l’ha poi abbandonato – durante l’amministrazione Trump – alla difficile convivenza con le forze russe, alleate sia della Turchia – nonostante l’adesione di questa alla NATO – sia soprattutto del regime siriano di Bashar al-Assad). Premesso altresì che il movimento curdo in Rojava ha subito e subisce la “concorrenza interna” dei partiti curdi sia in Siria sia in Iraq che mirano non all’autonomia internazionalista del confederalismo democratico ma piuttosto a creare una nazione etnica, come ad esempio il Partito Curdo Iracheno (PDK), controllato dal clan Barzani, che ha creato in Iraq la regione autonoma del Kurdistan iracheno.

Nonostante le difficoltà, nonostante vicoli ciechi in cui anche a seguito dell’inesperienza l’AANES si è infilata, la continua revisione della modalità di gestione del lavoro collettivo in Rojava, la continua autocritica dei modelli utilizzati, fanno in modo, come dettagliatamente racconta Aslan - che ha visitato varie volte il paese intervistando lavoratori e responsabili e partecipando alle assemblee dei vari organismi - che la dimensione a cui sempre più si avvicina sia quella non della creazione di cooperative come aziende che – a modo proprio – perpetuano il modello capitalista, ma di una gestione cooperativistica e collettivistica del lavoro e della produzione con la redistribuzione delle risorse a tutta la comunità. In questo processo viene sottolineato in particolar modo l’apporto del solidarismo femminile che contribuisce ad uscire da impasse tipiche dell’universo maschile legate alla precedenza accordata alla sicurezza e al profitto.

Mi sia consentita, in conclusione a questa presentazione, di suggerire una suggestione suscitatami dalla lettura di questo libro. Aslan prefigura la realizzazione di una società cooperativista e collettivista che a me ha richiamato molto quella immaginata in un romanzo di fantascienza letto negli ultimi mesi: Se ci sarà un domani di Nancy Kress (Urania 1678, originariamente pubblicato nel 2018), secondo volume della trilogia Tomorrow’s Kin. Questo romanzo è ambientato su “Mondo”, un pianeta abitato da una linea genetica di esseri umani selezionata nella preistoria da alieni per le caratteristiche collaborative piuttosto che competitive e trasportata su esso per creare una sorta di civiltà umana alternativa. E la civiltà di Mondo è matrilineare, collaborativa, con una religione dedicata alla tutela dell’ambiente. Se tecnologicamente meno reattiva e dinamica di quella della Terra, sicuramente è l’idealizzazione di un modello non autodistruttivo come si sta dimostrando attualmente l’umanità non solo nei confronti della catastrofe ecologica ma anche col reinfiammarsi di conflitti su scala globale che sembravano bene o male essere un capitolo chiuso con la fine della Guerra fredda.

Azize Aslan


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