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Testo in simboli: traduzione transcodifica translitterazione

Sabato 26 marzo, presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara si è tenuto il convegno Rete biblioteche inbook. Opportunità, sfide e prospettive future nelle biblioteche del Polo bibliotecario ferrarese. A quel convegno ho avuto il compito di presentare, all’interno del gruppo di riferimento del Centro Studi Inbook e quale componente del gruppo di studio sui libri in simboli in biblioteca della Regione Emilia-Romagna, le progettualità bibliotecarie e i rapporti con altre realtà quali gli editori. Avevo però di recente (15 marzo) assistito all’incontro promosso da Fondazione Paideia de La Bottega dei libri in simboli, in cui è stato presentato il documento  La Bottega dei libri in simboli. Un approccio logico-semantico alla traduzione (Fondazione Paideia, 2022; ISBN 979-12-210-0776-3) che esplicita le modalità operative per la creazione di libri in simboli secondo il modello Libri Per Tutti. In particolare sono stato attratto dal paragrafo iniziale dove viene posto il problema di “cosa sia” il lavoro di passaggio dal testo alfabetico al testo simbolico:


Siamo consapevoli che la trasposizione di un testo in simboli non è propriamente una traduzione, questo termine non è del tutto corretto. Si tratta piuttosto di un processo di transcodifica, che implica il trasferire un testo da un codice a un altro. A tutti gli effetti ciascun sistema di simboli della CAA è un codice, ovvero un insieme organizzato di segni finalizzato a trasmettere un messaggio. Sotto un altro punto di vista, però, la simbolizzazione è una operazione di traduzione, perché ha l’obiettivo di produrre un testo equivalente a quello di partenza. Una dimensione costitutiva della traduzione è infatti la ricerca dell’equivalenza: il tentativo di determinare nella traduzione lo stesso effetto del testo originario. Quando simbolizziamo creiamo una forma testuale accurata e fedele, nuova, ma al tempo stesso legata all’originale. Cerchiamo nei simboli l’equivalente linguistico, attraverso una approfondita ricerca. Tradurre è per noi creare un legame invisibile tra i due codici, che sempre deve essere vivo e riconoscibile.


Durante il mio intervento al Convegno di Ferrara, ricordando quanto espresso nel documento sopra riportato, mi sono domandato e ho domandato ai partecipanti se non ci sbagliassimo a definire “traduzione” il lavoro di passaggio da testo alfabetico a testo simbolico e se non si dovesse piuttosto parlare di traslitterazione, cioè di passaggio da un sistema di scrittura ad un altro. Subito ripreso da Antonio Bianchi che rivendicava la complessità di questo lavoro giustificando l’utilizzo del termine “traduzione” per descriverlo. Non completamente soddisfatto, però, ho cercato di approfondire la questione. Innanzitutto andando ad indagare il preciso significato dei termini “tradurre”, “tra(n)slitterare” e quello proposto nel documento di Fondazione Paideia: “transcodificare”.


Dal Vocabolario online Treccani.

Traduzione: L’azione, l’operazione e l’attività di tradurre da una lingua in un’altra un testo scritto o anche orale. La tecnica di tradurre, il modo in cui un testo è stato tradotto. 

Transcodifica: In elettronica, conversione di un segnale da un codice a un altro; in partic., nella tecnica della televisione a colori, il procedimento di conversione dei segnali video codificati secondo un sistema diverso. In informatica, nell’operazione del trasferimento di dati da un elaboratore a un altro, conversione dei caratteri aventi un determinato valore nel codice usato dall’elaboratore di partenza a un insieme di caratteri aventi lo stesso valore nel codice usato dall’elaboratore d’arrivo. In linguistica, nella critica stilistica e in semiologia, trasformazione di senso, di valore semantico, dovuta a cambiamento di codice.

Translitterazione: Trascrizione di un testo secondo un sistema alfabetico diverso dall’originale.

(Viene utilizzato nel testo anche il termine “trasposizione” che, sempre il Vocabolario Treccani, definisce: L’azione e l’operazione di trasporre, il fatto di venire trasposto, come mutamento reciproco di posto tra due o più elementi o parti di un insieme. In linguistica, con sign. generico, t. sintattica, lo spostamento di uno o più elementi della frase in posizione diversa da quello che è l’ordine normale o consueto; così, per es., il gruppo me lo che, unito a un infinito, è di norma enclitico (devi dirmelo), diventa proclitico nell’imperativo negativo (non me lo dire!).)


Esempio di “translitterazione”/”traduzione”

translitterazione Wade-Giles: Tao Te Ching

translitterazione Pinyn: Dàodéjīng 

Il significato del testo è “Libro della Via e della Virtù”. “Libro della Via e della Virtù” è la traduzione in italiano del cinese “道德經” di cui “Tao Te Ching” e “Dàodéjīng” sono due diverse translitterazioni dagli ideogrammi cinesi ai caratteri alfabetici latini.


La translitterazione non si fa carico di riprodurre il significato ma piuttosto di riprodurre il “suono” della frase mediante un altro sistema di scrittura congeniale a chi legge.

La traduzione al contrario vuole riprodurre il senso della frase in una diversa lingua senza la preoccupazione (perlomeno dove non ci siano anche intenzionalità poetiche o stilistiche) per il rispetto della corrispondenza fonetica.

La proposta di utilizzo per il passaggio da testo alfabetico in testo in simboli del termine “transcodifica” si rifà alla difficoltà di definizione dello status linguistico del “linguaggio simbolico”. Per questo forse non è inopportuno cercare di capire come si possa definire “lingua” o “linguaggio”. Ricorriamo ancora al Vocabolario Treccani.

Lingua: Sistema di suoni articolati distintivi e significanti (fonemi), di elementi lessicali, cioè parole e locuzioni (lessemi e sintagmi), e di forme grammaticali (morfemi), accettato e usato da una comunità etnica, politica o culturale come mezzo di comunicazione per l’espressione e lo scambio di pensieri e sentimenti, con caratteri tali da costituire un organismo storicamente determinato, con proprie leggi fonetiche, morfologiche e sintattiche.

Linguaggio: Nell’uso ant. o letter., e talora anche nell’uso com. odierno, lo stesso che lingua, come strumento di comunicazione usato dai membri di una stessa comunità. In senso ampio, la capacità e la facoltà, peculiare degli esseri umani, di comunicare pensieri, esprimere sentimenti, e in genere di informare altri esseri sulla propria realtà interiore o sulla realtà esterna, per mezzo di un sistema di segni vocali o grafici; e lo strumento stesso di tale espressione e comunicazione (inteso in senso generico, senza riferimento a lingue storicamente determinate). Facoltà di esprimersi attraverso altri segni, sia gesti (l. gesticolatorio o gestuale o mimico; l. dei sordomuti; l. degli occhi, dei cenni), sia simboli (per es., il l. dei fiori, consistente nell’attribuire a ogni varietà e colore di questi un particolare significato).


Potremmo dire che quello dei simboli, seguendo le definizioni riportate, è un linguaggio (è un sistema di segni vocali grafici) ma non è una lingua (specifica) perché la lingua (come sistema di suoni articolati distintivi e significanti usati da una comunità) che utilizza è la lingua italiana (o comunque una lingua nazionale). Non si tratta del resto di un unicum. Come mostra Silvia Ferrari in La grande invenzione. Storia del mondo in nove scritture misteriose (Feltrinelli, 2019) sono esistite nella storia delle lingue umane sistemi di scrittura utilizzati per più lingue (del resto l’alfabetico è il caso più eclatante) e lingue che venivano espresse con più sistemi di scrittura. Come sistema di scrittura, quello simbolico ha inoltre la peculiarità di contenere contemporaneamente un doppio linguaggio: quello alfabetico (l’etichetta) e il pittogramma (che viene scelto come) corrispondente (all’etichetta alfabetica). Quindi l’attività di passaggio dal sistema alfabetico a quello simbolico è in realtà un passaggio da un sistema puro alfabetico a un sistema misto alfabetico+simbolico dove la parte alfabetica è la stessa.

Questo contribuisce a dare qualche indicazione su cosa effettivamente sia tale passaggio, anche se nell’ottica della problematizzazione. Transiltterazione no, perché non importa solo la corrispondenza fonetica, ma occorre una corrispondenza del significato tra il pittogramma utilizzato nel simbolo e il corrispondente elemento alfabetico. Anche il termine Traduzione però non sembra del tutto adeguato perché abbiamo notato come il sistema simbolico non sia propriamente una lingua ma un sistema di scrittura. Parrebbe a questo punto sensata la proposta di utilizzo di un termine “terzo” come Transcodifica. Tenendo tuttavia presente che esso non è utilizzato nel significato ad esso assegnato dalla linguistica cioè una “trasformazione di senso, di valore semantico, dovuta a cambiamento di codice”, dato che il passaggio da un sistema di scrittura all’altro è compiuto esattamente con l’obiettivo di mantenere il più possibile fermo ed identico il senso ed il valore semantico, non a caso, nel paragrafo riportato all’inizio, l’unica parola evidenziata in grassetto nel testo (presente nell’originale) è equivalenza. Piuttosto. interessante è la valenza assegnata al termine nell’ambito dell’informatica: “conversione dei caratteri aventi un determinato valore nel codice usato dall’elaboratore di partenza a un insieme di caratteri aventi lo stesso valore nel codice usato dall’elaboratore d’arrivo” (che si è qui evidenziata così come nella voce completa riportata all’inizio per sottolineare la provenienza). Questo tenendo conto di quanto segnalato a proposito dell’essere il sistema simbolico un sistema misto in cui la parte alfabetica viene conservata e se vogliamo semplicemente adattata (formato, ampiezza) nei caratteri (translitterazione?) e per essa viene trovato un corrispondente pittogramma (traduzione?). Questo processo viene ulteriormente complicato dal modello utilizzato. Il modello Inbook ha come finalità di essere il più trasparente possibile rispetto all’etichettatura alfabetica inserendo modificatori ai pittogrammi che esprimano il genere ed il numero dei termini, valorizzando elementi “astratti” della lingua (soprattutto italiana) come articoli e pronomi, mentre all’interno del modello Libri Per Tutti si privilegia un approccio “logico-semantico” (“Logico” perché supera la dimensione puramente grammaticale, così che il traduttore non simbolizza il testo parola per parola. La traduzione in simboli si colloca a un livello di  interfaccia  fra  la  sintassi  e  la  semantica,  prendendo  in  considerazione  la  parola,  ma  al  tempo  stesso  la  sua  posizione  nella  frase,  intesa  come  una  «struttura,  cioè  come  un  insieme  organizzato  al  cui  interno  le  parole  sono  organizzate  grazie  a  rapporti  di  dipendenza reciproca». “Semantico”, nel senso che la rappresentazione di una parola nel simbolo risulta essere una facilitazione nell’acquisizione del suo significato. Un libro in simboli offre la scena in cui vivere una straordinaria esperienza di significati. L’iconicità  determina  il  peso  semantico  di  un  simbolo  e  deve  essere  caratteristica  discriminante nella selezione: più è rappresentativo della realtà più ha peso semantico, favorendo la comprensione della parola. [da La Bottega dei libri in simboli, p. 13]) che rende molto più pertinente l’uso del termine Traduzione per il passaggio dal codice alfabetico al relativo codice simbolico in quanto non si preoccupa semplicemente di traslare il significato di un termine in un corrispondente pittogramma restando il più fedele possibile alla declinazione del termine presente nel codice alfabetico, ma piuttosto applica uno "strato" logico-semantico al processo.


Ad esempio (gli esempi qui riportati, ripresi da La Bottega dei libri in simboli e messi a raffronto col corrispettivo realizzato mediante il modello Inbook, non sono intesi per rimarcare pregi e difetti tra i due modelli ma esclusivamente nell’ottica di mostrare gli adattamenti necessari al testo puramente alfabetico per la sua resa in testo simbolico; un confronto tra i due modelli era in realtà già stato tentato qui, anche se indubbiamente il testo ora presentato La Bottega dei libri in simboli chiarisce per lo meno le motivazioni delle differenze di impostazione):

  • LIBRI PER TUTTI

  • INBOOK

(ovviamente non ho - e per le finalità del confronto non servono - a disposizione le immagini per i personaggi di “anatra” e “gatto”, ripresi dalla pubblicazione che simbolizzano; ai fini esclusivi del confronto non ci si è premurati neppure di sistemare - ingrandire e abbassare - la punteggiatura)


  • LIBRI PER TUTTI

  • INBOOK

(valgono ovviamente le avvertenze riportate nell’esempio precedente, in questo caso anche per l’utilizzo del maiuscolo, utilizzato probabilmente perché la pubblicazione era destinata a bambini molto piccoli).


In questo, seguendo anche le osservazioni presentate da Raffaele Simone nel suo libro Il software del linguaggio (Raffaele Cortina, 2021), il modello Libri Per Tutti si configura come linguaggio maggiormente autonomo, rispetto al modello Inbook, dalla scrittura alfabetica. L’applicazione consapevole dello strato logico-semantico (rispetto alla ricercata maggiore trasparenza del modello Inbook) corrisponde ad uno strato di regole interpretative, esplicitate nel documento La Bottega dei libri in simboli, che si vanno ad aggiungere alla “semplice” Transcodifica, dovendo chi si occupa del passaggio da un linguaggio all’altro, decidere dei raggruppamenti lessicali a cui assegnare il pittogramma rendendo questa attività molto più Traduzione che Transcodifica. Da un lato sicuramente semplificando perché toglie la necessità di simbolizzare ogni singola parola e di applicare qualificatori che diano conto della declinazione dei termini, ma dall’altro rendendo il lavoro maggiormente complesso dato che chi lo compie deve decidere preventivamente l’“insieme  organizzato  al  cui  interno  le  parole  sono  organizzate  grazie  a  rapporti  di  dipendenza reciproca” in cui si raggruppano i lemmi da tradurre. 

A quanto pare per l’attività del riscrivere un testo alfabetico in testo simbolico non è perfettamente applicabile né Tra(n)slitterazione né Traduzione. È un’attività che può essere definita Transcodifica, ma applicando al termine il significato per cui questo è utilizzato in informatica (piuttosto che in linguistica) considerando che essa è tanto più vicina al concetto di Traduzione quanto più è “spesso” e meno trasparente lo strato (il complesso di attività e regole coinvolte) tra i due testi. 



Con quanto sopra riportato non si sta necessariamente caldeggiando il passaggio dall’uso del termine Traduzione a quello di Transcodifica per l’attività di simbolizzazione di un testo alfabetico (del resto, mutatis mutandis, si conviene con Marco Accordi Rickards che la descrizione più appropriata sia “opera multimediale interattiva” ma non è mai dato, né ci si è aspettato, di vedere utilizzare comunemente questo termine maggiormente corretto al posto di quello di videogioco). Semmai questa chiarificazione terminologica serve a rendere evidente la distanza dei modelli che, a seguito della pubblicazione delle scelte di traduzione alla base del modello Libri Per Tutti, è chiaro non si possa mettere immediatamente sullo stesso piano del modello Inbook dato che tali scelte vanno in direzione di una maggiore complessità nella aggregazione degli elementi da simbolizzare. Il risultato è sicuramente l’avvicinarsi di Libri Per Tutti ad una lingua autonoma. Resta il dubbio su quale modello sia più efficace dato che comunque, in entrambi i casi, il linguaggio simbolico ha la funzione e la finalità di essere un “ponte” per la letto-scrittura di persone con bisogni comunicativi complessi, intesi in senso lato, cioè non solo da un punto di vista neurofisiologico, ma anche “semplicemente” per motivi di età, geografici, ecc. Dubbio che può essere risolto solo da neuro-linguisti/psichiatri che riescano a valutare empiricamente i risultati dei rispettivi modelli. 


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