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Ucraina e pacifismo

Qual è la mia posizione sulle vicende in Ucraina (ecchissenefrega, dirà – giustamente – qualcuno, che evidentemente non sarà qui a leggere quanto segue)? Per i due o tre interessati, scrivo qui, piuttosto che sui social o nelle liste di discussione perché di quanto penso e scrivo – bene o male, giusto o sbagliato, a mio vanto o demerito – resti traccia. Prendo spunto da una mail della collega bibliotecaria Maria Spanovangelis nella lista di discussione AIB-CUR che, a seguito di una mia mail ironica in cui mandavo i già no-vax/no-greenpass ora no sanzioni a Putin a quel paese (pardon, in Russia, dove sicuramente avrebbero trovato più libertà, quantomeno vaccinale), mi poneva un numero di questioni in maniera un po’ confusa. Di certo non sono un modello d’ordine, ma trattandosi di questioni delicate preferisco (crocianamente? eresia!) distinguere.


CAUSE

Ovviamente ho sentito/seguito/letto le argomentazioni di tanti studiosi/esperti/opinionisti (su tutti quella di Luciano Canfora, storico stimato fin dall’epoca ormai remota della mia tesi di laurea) che ribadiscono che la causa della situazione attuale è l’espansione ad est della NATO nonché delle guerre americane o comunque Occidentali (Iraq, Afghanistan, Libia, Balcani, ecc.) che giustificherebbero la parellela invasione russa.

A questo argomento oppongo due obiezioni.

La prima: quantomeno riguardo all’invasione dell’Iraq io, nel mio piccolo e limitatamente alle mie possibilità, sono stato in prima fila a denunciarne l’illiceità ed il sopruso. Uscendo dalla CISL quando fui tra i pochissimi a votare contro ad una dichiarazione di supporto su cui erano chiamati ad esprimersi delegati e rappresentanze sindacali. Venendo censurato su AIB-CUR (mailing list dei bibliotecari italiani) quando il sottoscritto assieme al non più fra noi Pietro Tumminello ed altri chiedemmo che la comunità professionale si esprimesse contro l’aggressione (come conseguenza della censura aprimmo un blog, Bibl’Aria, che rimane nella letteratura professionale come esempio ed antesignano di blog bibliotecari).

La seconda: ho denunciato esattamente negli stessi termini (vedere i miei social per documentazione) tale ingerenza Occidentale fino a quando la Russia putiniana ha varcato il Rubicone dell’invasione ed ancor più fermamente e senza dubbi quando ha superato quello ulteriore della distruzione delle strutture civili. Fino a quando eravamo di fronte ad una crisi geopolitica sono stato dispostissimo ad ammettere tutte le colpe della parte Occidentale ma di fronte alla guerra reale, ai profughi, alla distruzione dei luoghi della convivenza civile non posso più tollerare che vengano addotte giustificazioni “storiche” al massacro della popolazione. D’altro canto la responsabilità dell’Occidente non sta solo nell’espansionismo della NATO, ma anche dalla sottovalutazione del pericolo imperialistico-dittatoriale del regime di Putin all’epoca in cui – ancora non irresistibile – era denunciato (ad esempio da Anna Politkovskaja) senza che, per convenienza, l’Occidente muovesse un dito, anzi con grande supporto da parte dei nostri cosiddetti leader.


DUBBI

La guerra è sempre stata anche un confronto di “marketing”, di “comunicazione”. Ce ne siamo resi conto, in maniera lampante, proprio con l’aggressione all’Iraq e le immagini che ci arrivavano sugli apparecchi televisivi dalle agenzia di stampa “embedded” che sembravano quelle di un qualsiasi videogioco bellico. Ovviamente ogni parte nel conflitto deve giustificare se stessa e le proprie operazioni ed attirarsi le simpatie delle parti non ancora in conflitto per ottenerne supporto ed aiuti. Quindi ci sta che parte della guerra sia la creazione di contenuti “pro domo mea” anche se tendenziosi o del tutto falsi. Per questo esercitare la pratica del dubbio è non solo possibile, ma pure necessario. In considerazione del fatto che neppure i testimoni diretti sono sempre del tutto attendibili in quanto, fondamentalmente, vediamo quello che vogliamo vedere. E tuttavia sostenere la propaganda russa (Lavrov: non c’è nessuna invasione) contro quanto riportato da tutte le agenzie di stampa di destra e di sinistra, di stato e indipendenti, mi sembra allinearsi alla follia del paranoico. Per quel che mi riguarda io mi fido almeno di Francesca Mannocchi (che non è sicuramente “allineata” avendo svelato le torture nei lager libici per migranti finanziati coi soldi dei contribuenti italiani) e dei suoi reportage via Twitter/La Stampa/Propaganda Live da Kiev e dall’Ucraina in cui è inviata speciale nonostante la guerra ed il pericolo. Ironicamente (sarcasticamente?) chiedo a coloro che continuano ad appoggiare l’immagine di un’operazione speciale come si spieghino i profughi: è gente che si sposta (per citare Propaganda Live e il mitico sfottò alla Meloni) perché gli va?


SOLUZIONI

Non ho soluzioni, e non penso che un allargamento del conflitto (no fly zone, armi all’Ucraina, ecc.) possa essere una soluzione. D’altra parte detesto tutti coloro (e purtroppo ne ho pure in famiglia) che sostengono che l’Ucraina farebbe bene ad arrendersi.

Sul tema pacifismo ho una idea estremamente chiara. Esistono due tipi di pacifismo: uno astratto ed uno concreto. Il pacifismo astratto sostiene che mai e per nessun motivo occorrerebbe combattere. Per chiarirci: se i partigiani fossero stati pacifisti di questo tipo oggi saremmo ancora in regime fascista. Il pacifismo concreto è quello che considera la pace un fine per cui, in casi estremi e senza ulteriori possibilità, è possibile ed anzi necessario combattere. Sto leggendo (e ne scriverò qui a breve) il libro di Maria Edgarda (“Eddi”) Marcucci col diario delle sue “disavventure” giudiziarie per essere andata in Rojava a combattere con le forze curde contro i jihadisti dell’Isis. Pensiamoci: se fossimo tutti pacifisti convinti a non lottare per nessun motivo anche contro evidenti ingiustizie come quelle perpetrate dai fanatici dell’islamismo radicale, oggi l’Isis sarebbe stato sconfitto? O ci troveremmo di fronte ad uno stato imperialista e confessionale che mette a repentaglio la nostra sicurezza? Non dovremmo invece ringraziare che, con l’obiettivo di una società tollerante, paritaria ed ecologica, ha combattuto non soltanto in difesa della propria terra ma anche per tutto il resto del mondo (più o meno) libero?

Ma, arrivati a questo punto chiederà qualcuno: da un lato non vuoi l’estendersi del conflitto all’Occidente ma dall’altro rivendichi la necessità di lottare contro l’invasione russa. Come spieghi questa contraddizione? In realtà non la spiego e non sono la persona adatta a spiegarla. Non ho certezze se non l’odio assieme per l’invasione, per il massacro dei civili, per la distruzione del tessuto fondamentale della comunità. Sicuramente ho in odio l’ipocrisia di chi si rifugia nella spiegazione di comodo, nella disamina storica per evitare di vedere i morti, i feriti, gli sfollati.

Esempio sommo di tale ipocrisia la vicenda della fotografia della bambina col fucile. Fotografia realizzata dal padre ucraino prima dell’invasione, non per documentare qualcosa di allora inesistente, quanto per far riflettere sulle condizioni della guerra che non risparmiano nessuno e che trasformano anche i bambini in soldati, rubando loro l’infanzia e ponendo i semi per guerre future. C’è chi grida al “fake”, chi oscura il volto della bambina, chi ipotizza che il pubblico occidentale ne sia attratto sessualmente. Quanti sono andati a leggere le motivazioni del padre per la realizzazione e la pubblicazione della foto? Eppure sono disponibili a tutti qui. Le riporto tradotte (con l’aiuto di Google Traduttore):

Storia di una foto.

Mi chiamo Oleksii. Ho una moglie e tre figli. Prima della guerra lavoravo come ingegnere in un'azienda di Kiev. Vivevo nella mia casa in una piccola città vicino a Kiev. La fotografia è il mio hobby. Mi sono diplomato in alcuni corsi di arte fotografica.

La tensione nervosa era molto grande durante le ultime settimane prima della guerra. L'Occidente e l'intelligence ci parlavano di una guerra inevitabile, ma per noi era incredibile. Allo stesso tempo, la società occidentale ha dimostrato di essere «preoccupata» ma di non attivare sanzioni contro la Russia.

Ho deciso di fare delle foto che potessero attirare l'attenzione sulla possibile guerra. Desideravo mostrare come sarebbe potuta apparire l'Ucraina nel prossimo futuro. Come si può vedere ho scattato questa foto il 22/02/2022, cioè due giorni prima della guerra. Questa è una foto di mia figlia con una caramella e un fucile in un edificio abbandonato. Il fucile è mio, mia figlia non sa sparare. Lei ha 9 anni. Naturalmente, il fucile era scarico durante le riprese.

Quel giorno ho pubblicato la foto in alcuni gruppi di foto stranieri di FB. Sono stati immediatamente bandito in quelli con amministratori russi. Anche in altri la reazione è stata ambigua. Molte persone hanno criticato la foto di un bambino con un'arma. Infine, la foto è rimasta solo in un gruppo.

E poi, senza dichiarare guerra, Putin ci ha attaccato.

Al secondo giorno di guerra le truppe russe hanno iniziato ad avvicinarsi a Kiev con la minaccia di catturare la nostra città. In fretta, siamo partiti per l'Ucraina occidentale da nostri amici.

Mi sono arruolato, ma non sono ancora stato mobilitato, perché abbiamo lunghe code di richieste. E prima di tutto si mobilitano le persone con esperienza militare.

Alcuni giorni fa, ho caricato questa foto nel gruppo hobby ucraino di FB per la coltivazione di cactus. E improvvisamente si è diffuso in tutto il mondo ed è diventato un meme. Poi questa foto è stata pubblicata da Donald Tusk (grazie, Donald!) nel suo tweet al Parlamento europeo. Ora l'atteggiamento verso questa foto è completamente diverso in quanto il mondo ha visto il vero volto dell'invasione russa.

Per questo ripubblico qui questa foto. Non per avere più click o per solleticare istinti pedofili, quanto, nel completo accordo con le intenzioni del padre, per far riflettere i miei due o tre lettori sul futuro che desiderano: è quello in cui bambine e bambini siano costretti ad imbracciare fucili per guerre che inevitabilmente non comprendono?

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