In questi giorni mi sto chiedendo: qual è, com’è la città che vorrei? Pensa che ti ripensa, mi è uscito lo slogan: ecologica, inclusiva, solidale. Se mi è concesso, è una traduzione, personale e laica, dei concetti espressi da Papa Francesco nei discorsi raccolti nel libro Terra, casa, lavoro.
ECOLOGICA
La città deve cercare di essere sempre più ecologica (rispettosa quindi della terra) partendo con rendere tutti gli edifici pubblici energeticamente autonomi e dal favorire l’autonomia energetica e la biosostenibilità delle strutture private sia residenziali sia commerciali. Favorendo la mobilità ecosostenibile con la realizzazione di parcheggi all’ingresso della città e riservando il centro a modi di spostarsi a impatto zero (piedi, bicicletta, mezzi elettrici). Il verde deve essere portato ovunque possibile e deve essere imposto anche ai grandi esercizi commerciali ed industriali impedendo la creazione di parcheggi o aree prive di alberatura e di terreno in grado di assorbire le acque meteoriche e prevedendo anche in centro la diffusione di aiuole, dove possibile anche alberate, che favoriscano non solo la “respirabilità” dell’aria ma anche il piacere di passeggiare e stare assieme, andare a fare shopping nei negozi.
INCLUSIVA
La città deve cercare di essere sempre più inclusiva (avere cura della “manutenzione” del benessere sociale, e quindi assicurare a tutt* una casa non solo dal punto di vista abitativo - comunque aspetto non secondario per non avere persone che dovevano passare la notte cercando rifugio nel pertugio dell'uscita di sicurezza della biblioteca - ma anche dal punto di vista del sentirsi a casa nella città) badando al fatto che tutte e tutti possano viverci ed usufruire dei suoi spazi e servizi. A partire dagli edifici pubblici: liberati dalle barriere architettoniche ma anche con orari e servizi che siano comodi per tutti e che non costringano i cittadini a programmare la propria vita in funzione degli orari di apertura. Deve sempre essere disposta a mettersi in discussione ascoltando la voce di cittadine e cittadini e non pensando che la delega amministrativa funzioni per qualsiasi evenienza e per tutta la durata di un mandato. Deve essere inclusiva a livello sessuale facendo sì che a tutti i livelli maschi e femmine possano avere pari voce e possibilità di partecipazione. La città inclusiva deve liberare, soprattutto i centri storici, di barriere visibili ed occulte: ad esempio una piazza o un corso lastricato di blocchetti di porfido non è inclusivo nei confronti di persone con difficoltà motorie. Ma deve anche liberarsi da barriere culturali: non solo di natura “etnica” ma anche nei confronti di chi ha bisogno di un tempo e di un’attenzione maggiore per formarsi e crescere, ad esempio predisponendo servizi dopo-scuola, corsi per permettere alle persone straniere di integrarsi. Mettendo a disposizione una rete Wi-Fi accessibile a tutti su tutto il territorio perché chiunque si possa collegare da qualunque punto ai servizi pubblici online, alla scuola, alle occasioni per divertirsi e stare assieme online quando è d’obbligo il distanziamento fisico. Ma anche promuovendo occasioni di socialità quando si potrà tornare a stare assieme attraverso feste e attraverso una cultura che coinvolga tutti sia come pubblico sia come creatori, promotori, artefici; che sia laboratorio di creatività.
SOLIDALE
La città deve cercare di essere sempre più solidale (lavoro e non solo) prendendo ispirazione da una tra le stupende canzoni di Bruce Springsteen:
Now everyone dreams
of a love lasting and true
but you and I know
what this world can do
so let’s make our steps clear
that the other may see
and I’ll wait for you
if I should fall behind
wait for me
La canzone parla di due amanti che si giurano fedeltà di fronte alle difficoltà del mondo e che promettono di aspettarsi se uno o l’altro dovesse “restare indietro”. La pandemia ci ha mostrato chiaramente come è facile “restare indietro”: per questo la città che voglio deve essere in grado di offrire a tutti condizioni di vita dignitose, usando ad esempio risorse aggiuntive e straordinarie non tanto per facilitare chi non ne ha particolarmente bisogno (azzerare le tariffe dei parcometri?) ma per quelli che hanno perso il lavoro, lo stipendio, la salute. In generale la città deve prendersi cura dei cittadini, del loro benessere, della loro salute. E lo deve fare soprattutto nei confronti di deboli e fragili, quelli con meno possibilità di altri di riuscire parte attiva e propositiva della città stessa. Deve creare una protezione dalle correnti eccessivamente impetuose del capitale favorendo opportunità di lavoro, di commercio, di formazione locale che aiutino ed arricchiscano il territorio in cui si trovano invece che depredarlo di risorse e poi abbandonarlo desertificato ecologicamente, economicamente e umanamente.
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