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Se la biblioteconomia è un ipertesto il Nuovo glossario è il suo TOC

Per presentare il Nuovo glossario di biblioteconomia e scienza dell’informazione di Ferruccio Diozzi (Bibliografica, 2021; “nuovo” perché edizione completamente aggiornata del Glossario pubblicato col medesimo editore nel 2003) mi tenta l’usare la seguente frase ad effetto: se la biblioteca è un ipertesto il Nuovo glossario è il suo “TOC”. In realtà ho sostenuto che la biblioteca non fosse e che non convenisse fosse considerata un ipertesto; questo non priva però la frase ad effetto della sua efficacia, soprattutto se sostituiamo “biblioteca” con “biblioteconomia”. La biblioteconomia infatti è una disciplina debitrice di un’ampia varietà di scienze e discipline “semplici”: dalla psicologia all’economia, dalla chimica alla microbiologia, dalla logistica all’architettura, ecc. Ad immagine del mondo anglosassone si è cercato di rivendicare uno status di disciplina – anzi di “scienza” – con un proprio oggetto e un proprio corpus specialistico di conoscenze e pratiche. Così Library and Information Science (o LIS) si è tradotto con “biblioteconomia e scienza dell’informazione”, mantenendo in italiano quel suffisso (-economia) che indica alla disciplina il suo essere eminentemente pratica. Cosa che, del resto, non dovrebbe particolarmente dispiacere tenendo in considerazione che, in tutt’altro contesto, è una siffatta disciplina anche – ad esempio – la medicina o, per citarne una con cui ho ben maggiore confidenza, i game studies.

Ovviamente il problema di una disciplina composita, che aggrega risultati di altre discipline tanto diverse, è che i singoli campi professionali si ritrovano ad avere a che fare con competenze e conoscenze spesso assai diverse e lontane tra loro. Per quanto riguarda ad esempio le mie competenze specifiche di bibliotecario di biblioteca pubblica, esperto di promozione, di valutazione ed anche di catalogazione, termini riportati nel Nuovo glossario come “benchmarking”, “Idea Store”, “soddisfazione dell’utente”, “certificazione”, “DRM”, “reprografia”, ecc. non hanno misteri e la succinta descrizione non aggiunge nulla a quanto già conosco, ma se improvvisamente mi si presentano davanti termini come “AIDB”, “APC”, “ARL”, “ASIS&T” (giusto per restare nella A) mi sento assolutamente perso. Certo, qualcuno osserverà, ci sono sempre Wikipedia e Google a disposizione. Il “plus” del libro di Ferruccio Diozzi non è quindi tanto l’enciclopedicità, che possiamo in maniera relativamente semplice surrogare grazie ad Internet, ma alla rete di riferimenti bibliografici che corredano la maggior parte delle voci e che guidano curioso e studioso a testi di primo approfondimento relativamente ai lemmi ricercati. In questo senso il Nuovo glossario di biblioteconomia e scienza dell’informazione è una sorta di “table of contents” (o, per utilizzare un termine tipicamente biblioteconomico, un indice) della biblioteconomia. Un indice ipertestuale nel suo raccogliere tutti (e qui però inizia anche il gioco del trovare lemmi che ognuno considera fondamentali e che, nell’economia dell’opera, sono stati tralasciati; i miei? “promozione”, “Nati per leggere”, “inclusione”) i termini più significativi e rimandare ai testi che possono costituire porte documentali d’accesso agli approfondimenti è intrinsecamente ed essenzialmente un ipertesto da abbinare al catalogo per il reperimento dei testi suggeriti.

Mi piace immaginare un giorno (non necessariamente lontano, dato che le difficoltà sono economiche piuttosto che tecniche) in cui un testo del genere possa essere un ipertesto dotato anche di link che colleghi effettivamente i testi a cui rimanda: se, per esempio, devo approfondire il tema del “fund raising” possa passare immediatamente non solo al sito di Cepell ma anche (come? a quali condizioni? a quale costo?) a poter leggere i testi consigliati (Fare fundraising in biblioteca di Massimo Coen Cagli e Fundraising e comunicazione per la politica di Marina Ripoli).

Ferruccio Diozzi


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