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Riflessioni sulla "biblioteca come ipertesto"

La mia lettura del libro di Riccardo Ridi La biblioteca come ipertesto (Bibliografica, 2007)
arriva con ritardo, sulla scorta del mio percorso di analisi e riflessione sul concetto di e sui servizi della “biblioteca digitale”. Per quanto il testo di Ridi si focalizzi principalmente sulle biblioteche universitarie, spendendo buona parte della trattazione su open archives, e-journals, ecc., gran parte della sua delineazione di natura, servizi e problemi della biblioteca e del documento digitale rimangono ancor oggi attuali.


Certo però la principale appeal del testo è nel suo titolo e nella metafora della biblioteca come ipertesto, cioè come pluralità di testi collegati tra di loro da una rete di riferimenti che il lettore può seguire a piacere creando ogni volta, tramite scelte diverse, differenti esperienza di lettura. E a fornire la chiave interpretativa del volume è Ridi stesso con la penultima nota al suo testo che riporto qui per intero:


Se il fine della disponibilità, organizzazione e accessibilità universale della documentazione fosse un giorno garantito senza bisogno delle biblioteche, la società potrebbe tranquillamente rinunciare a questa tipologia di istituzione, che concorre con altre a tale obiettivo [...], senza dover inventare per forza qualcosa per farla sopravvivere a tutti i costi. Essere consapevoli di ciò non significa non amare le biblioteche, anzi vale esattamente l’inverso. Così come Mondrian [1975] profetizzava che in un mondo dove fosse onnipresente un’architettura davvero armoniosa e vivible non ci sarebbe più stato bisogno della pittura e delle altre arti nella forma in cui le conosciamo, perché la bellezza sarebbe stata diffusa, e non più confinata in appositi spazi, allo stesso modo un utopico mondo dove ogni documento fosse conservato, reperibile e utilizzabile liberamente non avrebbe più bisogno delle biblioteche come le conosciamo perché sarebbe esso stesso, nel suo complesso, una biblioteca a cielo aperto. La biblioteconomia è qualcosa di troppo importante per lasciarla ai soli bibliotecari.


Ecco allora che si scopre il fine di Ridi: contrapporre al lankesiano concetto di “biblioteca come conversazione” dove la funzione mediatrice del bibliotecario è centrale rispetto alle collezioni, quella di ipertesto come testo-documento universale ordinato e collegato dalla rete dei riferimenti come i vari testi all’interno della biblioteca sono biblioteconomicamente collegati da cataloghi e bibliografie. Peccato che il concetto di “ipertesto” per Ridi si estenda praticamente a qualsiasi documento che vive la sua essenza informativa nell’essere immerso nella rete di riferimenti incrociati ad altri documenti. E qui già sorgono perplessità, legate del resto anche al concetto ridiano onnicomprensivo di docuverso. In parole povere, dire che tutto è ipertesto è uguale ad affermare che nulla lo è in quanto la categoria diventa indifferenziata ed inutile a distinguere, selezionare, catalogare. Se poi ogni documento è immerso in una rete di riferimenti, questa rete è esplicita solo in una categoria per altro abbastanza limitata di documenti: i saggi, gli studi, i manuali, e tutti quei documenti che, nella loro versione analogica, non hanno intenzionalità artistica. Se al contrario prendiamo romanzi, film, opere musicali, quadri, ad esempio, la rete di relazioni che li pervade non è solitamente esplicita ma viene esplicitata solo dalla lettura critica che se ne può dare (e che quindi non è univoca ma può variare da lettura a lettura). Benché lo si possa sostenere, qual è l'utilità del considerare ipertesto un testo tradizionale? La strategia ipertestuale di un testo tradizionale è spesso "inconscia" e comunque legata esclusivamente a rimandi ad un testo finito e concluso mentre l'ipertestualitá consapevole mira programmaticamente a testi aperti che è compito imprecludibile del lettore consegnare ad una forma piuttosto che ad un'altra. 

L’ipertesto rimanda più ad una forma rizomatica o ad un labirinto in cui i percorsi si moltiplicano con l’effetto - spesso voluto - di far smarrire il viaggiatore. In particolare mi sembra estremamente fuorviante ridurre il concetto di ipertesto (e di web come ipertesto) a quello di “rete”. Non è un caso che la maggior parte degli studenti di cui rende conto Naomi S. Baron nel suo recente Words Onscreen (Oxford University Press, 2015) preferisca studiare su testi analogici piuttosto che sulle controparti digitali. Nel testo analogico è chiaro e lineare il percorso da compiere, permettendo di preventivare tempistica e quantità d’impegno, mentre nel testo digitale che si fa concretamente ipertesto, con percorsi che si aprono non virtualmente (per essere percorso il riferimento in bibliografia o in nota di un testo digitale, richiede una ricerca fisica e pertanto ulteriore tempo ed impegno che saranno aggiunti dal lettore solo se questi abbia la sensazione trattarsi di qualcosa di veramente fondamentale alla propria ricerca) ma direttamente al semplice e banale click del mouse, il lettore può ed anzi deve (è questo il fine del labirinto) perdersi correndo il rischio di sprecare energie anche solo per ritrovare la strada. Proprio perché la biblioteca condivide con l’ipertesto questa natura rizomatica e labirintica, è fondamentale (e non semplicemente utile) la mediazione del bibliotecario che conosca e suggerisca le scorciatoie più idonee ai fini informativi dell’utente specifico. Proprio per questo anche nell’utopico eden documentale vagheggiato da Ridi, la biblioteca non perderebbe senso e funzione: perché occorreranno sempre bibliotecari e bibliotecarie che facciano formazione (information literacy), che sappiano interpretare e risolvere le richieste degli utenti che spesso non collimano con le offerte informative di documenti pur pertinenti (“mi da un libro per uno/a a cui non piace leggere?”) (reference), che impediscano che l’utopia documentale si trasformi in distopia dove la disponibilità si traduce in controllo come in La Terza Forza di Marc Laidlaw (Mondadori, 1999: ne avevo già parlato su BiblioTime, II, 3 <http://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-ii-3/mazzetta.htm>) facendosi protagonisti della discussione sulla politica culturale del paese (cosa in cui siamo purtroppo decisamente meno bravi ed incisivi). Tra l’altro nemmeno l’ipotesi utopica di Mondrian è davvero attendibile in quanto si focalizza sull’arte solo nella dimensione del prodotto e non in quella dell’espressione: un panorama in cui l’architettura come arte diffusa è ubiqua non elide l’urgenza di arte come espressione che si esplica spettacolarmente ad esempio in pièce teatrali, in concerti, in balletti ecc.

Ecco allora che la biblioteca si può considerare ipertesto là dove - come nel web - non ci sono bibliotecari e bibliotecarie a concretizzare l’ipertesto in servizio. Di più: il problema che Ridi affronta in conclusione dell’esigenza da parte delle biblioteche di essere servizio non esclusivamente per la lettura ma anche per la letto-scrittura che viene esaltata dal web 2.0 e che si deve concretizzare nei servizi della library 2.0 si inizia a risolvere proprio non pensando alla biblioteca come raccolta di testi o come ipertesto (che tra l’altro come concezione, anche in senso proprio e stretto, è anteriore alla realizzazione e ideazione del web) ma come conversazione che, coordinata da bibliotecari e bibliotecarie, aiuta i lettori ad orientarsi nelle esigenze non solo di fruizione, ma anche di produzione informativa.

Commenti

  1. Ringrazio Francesco Mazzetta per le riflessioni sul mio libro, alle quali ho risposto nel mio intervento al convegno delle Stelline 2016, da qualche giorno disponibile anche in E-LIS all'URL
    http://eprints.rclis.org/29415/.

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    Risposte
    1. Per comodità ecco il link diretto al pdf dell'intervento: http://eprints.rclis.org/29415/1/RIDI-STELL2016xELIS.pdf Sono io che ho il dovere di ringraziare il Prof. Ridi per l'attenzione alle mie riflessioni di certo non sistematiche come le sue. Chissà che qualche volta non sia possibile fare un bel dibattito "in diretta"...

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  2. Questo il mio commento alla relazione del Prof. Ridi postato "a caldo" su Facebook il 17 marzo: "Allora, devo dire che mi ha impressionato l'attenzione dedicata da Riccardo Ridi alle mie riflessioni critiche sul suo volume "La biblioteca come ipertesto" (http://ossessionicontaminazioni.blogspot.it/…/la-mia-lettur…) letto come approfondimento personale in un momento in cui pensavo fosse ancore possibile la pubblicazione di un piccolo libro su come i lettori vorrebbero un servizio di biblioteca digitale. Nel suo intervento ha proposto una serie di slide dedicata alla "biblioteca come ipertesto" secondo Ridi di contro all'impostazione del sottoscritto secondo cui la biblioteca non è un ipertesto e non è utile considerarla tale. Di più vedo che nel testo della relazione Ridi è ancora più dettagliato e conduce una precisa analisi dettagliata del mio tutto sommato breve intervento. Ovviamente ho ascoltato con attenzione la sua relazione e leggerò con ancora più attenzione il testo del suo intervento. Magari alla fine mi verrà pure d'aggiungere qualcosa alla discussione, ma per ora, reduce fresco fresco dalle Stelline 2016 e dopo aver saziato uno stomaco che non vedeva nulla (neppure un caffè) dalla colazione, mi sia consentito di ringraziare, sinceramente e di cuore, Ridi per il suo intervento e la sua attenzione nei miei confronti. So perfettamente di non essere al suo livello di studioso, e le letture di biblioteconomia, nonostante dovrebbero essere garantite come formazione professionale sul e per il lavoro, sono in realtà ritagliate agli impegni familiari del tempo libero e quindi non posso certo offrire un'approfondimento ed un'esaustività tali da rivaleggiare con un testo di un professore universitario della materia. Nonostante questo le critiche ridiane mi confermano che, se magari posso compiere grossolani errori metodologici, le mie conclusioni sono basate non su idee campate per aria, ma su argomentazioni ed esperienze magari criticabili eppure fondate. Per questo torno sentitamente a ringraziare Riccardo Ridi per l'attenzione e prometto di studiare con maggior attenzione la materia."
    https://www.facebook.com/francesco.mazzetta/posts/10208919264244572

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