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La presunta accessibilità di fumetti e libri gioco

È da poco stato pubblicato dalle edizioni la meridiana il libro Un posto anche per me. Biblioteche e accessibilità a cura di Annalisa Brunelli e Giovanna Di Pasquale, nella collana del Centro Documentazione Handicap Accaparlante di Bologna. Si tratta di un libro agile ma non per questo meno utile ed importante per portare l’accessibilità nella progettazione e nella realizzazione dei servizi delle biblioteche. Oltre agli interventi delle due curatrici, il libro contiene saggi di Marco Muscogiuri, Fabio Venuda e Massimiliano Rubbi: ognuno ad offrire spunti, riflessioni e linee d’azione. Tutto perfetto quindi? In realtà forse no. Intendiamoci: si tratta di un libro assolutamente da leggere da parte di bibliotecari e di quanti sono coinvolti nella gestione e progettazione di biblioteche e servizi bibliotecari (amministratori su tutti). Però non posso nnascondere che, durante la lettura, ad un certo punto ho fatto un balzo sulla sedia. Il punto in questione è all’interno del capitolo Riflessioni, strumenti e servizi per una biblioteca inclusiva di Fabio Venuda. Venuda è professore di biblioteconomia all’Università di Milano e coautore di uno dei più noti manuali su cui studiano gli aspiranti bibliotecari. Perciò è stato decisamente enorme lo stupore quando ho letto, all’interno del suo contributo, l’elenco delle

  1. Collezioni e risorse informative

    1. risorse in formati accessibili alle persone con deficit e differenze:

      1. Audiolibri (libro parlato e audiolibri)

      2. eBook (leggibili con sintesi vocale)

      3. Libri senza parole (Silent Book)

      4. Libri a grandi caratteri

      5. Libri Easy to Read (ETR) a lettura facilitata

      6. Libri ad alta leggibilità

      7. Libri gioco

      8. Libri in simboli (CAA – es: PCS – WLS)

      9. Fumetti

      10. Libri tattili, Libri sensoriali – Story Box – Quiet Book

      11. Libri in Braille

      12. Libri tradotti in Lingua dei Segni (LIS)

      13. Libri con marcatori visivi

      14. VideoBooks con sottotitoli e LIS. [pp. 50-51]

I balzi sulla sedia, come si può immaginare dalle mie evidenziazioni in rosso, sono stati in realtà due. Perché sia nell’ambito del fumetto sia nell’ambito dei libri gioco (o libri game o narrativa non lineare o narrativa interattiva) posso ragionevolmente vantare qualche competenza. Non di meno, come sorta di test, sono andato a fare un apparentemente ingenuo quesito su Facebook: “Ma fumetti e libri gioco sono di per sé risorse per persone con disabilità comunicative?”. Non mi aspettavo un gran numero di risposte, anche per l’assenza di qualsivoglia intrigante apparato iconografico. Sono tuttavia subito arrivate reazioni di sconcerto contemporaneamente da parte di persone qualificate negli ambiti bibliotecario, di supporto alla disabilità e della critica fumettistica. Evidentemente perché tutti questi, come il sottoscritto, sono convinti che Venuda abbia scritto (in questo caso) una enorme fesseria non sottoponendo a verifica quanto riporta ma piuttosto basandosi sulla “vulgata” di fumetto come semplificazione della letteratura ad uso dei “minus legens” e dei libri gioco come elementi ludici e per ciò stesso accessibili e inclusivi. Per quanto riguarda i libri gioco ho già scritto tanto nello speciale sul n. 2/2022 di Biblioteche Oggi Trends, mi limito qui a segnalare che anche quei libri gioco che non prevedono una struttura ludica vera e propria ma solo una narrazione “a bivi” comportano scelte ponderate e consapevoli, ben poco rientranti nell’alveo dell’accessibilità sic et simpliciter per persone con bisogni comunicativi complessi. Se poi andiamo invece in direzione dei libri gioco con veri e propri meccanismi ludici (per fare un esempio che dovrebbe essere noto a tutti: la serie di Lupo Solitario) le cose si complicano di parecchio dato che il lettore deve valutare abilità e statistiche del proprio personaggio confrontandole con quelle degli opponenti all’interno di una ambientazione che spesso incide sul risultato. Certo che Venuda non abbia bisogni comunicativi complessi lo sfido dunque a superare alla prima lettura col punteggio massimo il libro gioco che l’autore, Marco Zamanni, ci ha dato l’opportunità di allegare allo speciale sul gaming nel numero citato di Biblioteche Oggi Trends: I dolori della piccola biblioteca (del resto non è Venuda l’autore di uno dei più noti manuali in materia?). In realtà ci sono esperimenti per realizzare narrazioni interattive accessibili, come ad esempio Inscape a cura della Comunità L’Arche Arcobaleno di Granarolo (BO), ma si tratta appunto di esperimenti che servono per aprire il campo a riflessioni ed elaborazioni maggiormente strutturate. [Post scriptum: in realtà ho poi scoperto che l'identificazione di "libri-gioco" e "libri game" non è corretta e che si tratta di due tipologie bibliografiche diverse. Ciò non toglie che, se l'inserimento nell'elenco di risorse accessibili alla luce di ciò è giustificato, la definizione di "libro-gioco" è un problema. Ne ho scritto in dettaglio qui].

Più complesso il discorso sul fumetto. Sostanzialmente perché è vero che spesso, da parte di educatori ed insegnanti poco attenti e soprattutto poco consapevoli del medium fumetto, è stato considerato una sorta di evoluzione del libro illustrato, da dare in pasto a lettori deboli, incapaci o privi della costanza necessaria per affrontare un’opera letteraria. Ma si può conservare un’opinione simile solo se si resta vincolati a forme elementarmente iperserializzate del fumetto quali Topolino o Tex. Che nelle rispettive serie regolari non presentano variabilità di sorta perché “devono” rimanere massimamente riconoscibili al proprio pubblico. Salvo poi però anch’essi sperimentare in serie speciali. Solo comunque forme elementarmente iperserializzate non è possibile accorgersi che il fumetto è tendenzialmente una forma più complessa rispetto alla letteratura. Non è sufficiente che vi sia una parte di immagine, più facilmente riconoscibile anche da chi abbia bisogni comunicativi complessi e difficoltà nella lettura del codice alfabetico, perché sostanzialmente il fumetto è la felice unione di due diverse sintassi: una letteraria ed una iconografica. Se noi usciamo – anche non troppo, ma solo un poco – dal fumetto seriale commerciale e prendiamo ad esempio sue opere di Frank Miller: Daredevil: Amore e Guerra (1986, con i disegni di Bill Sienkiewicz) e Batman: Il ritorno del Cavaliere Oscuro (1986), opere di natura autoriale anche se legate a “franchise” profondamente seriali e commerciali. Dal primo prendiamo due pagine dove gli autori rappresentano al lettore il mondo del supereroe cieco DareDevil: sommerso dal rumore come se fosse una minaccia fisica nella prima, e sconvolto da una improvvisa caduta tramite una rappresentazione ipercinetica che attrae e risucchia le didascalie come se essa avesse una gravità propria.


Dal secondo invece la rinomata sequenza dove un Bruce Wayne ormai anziano rivive la scena dell’assassinio dei genitori. Per rendere straniante al lettore questa parte Miller inventa la sequenza al rallentatore all’interno del fumetto (piccole vignette con microvariazioni interne che raffigurano il ricordo alternate a quelle di Bruce Wayne e della trasmissione televisiva che sta guardando).



Ma per capire le potenzialità e la complessità del linguaggio iconografico del fumetto possiamo invece prendere un’opera appena pubblicata: Step by Bloody Step. Un fantasy senza parole di Simon Spurrier e Matias Bergara con i colori di Matheus Lopes (Editoriale Cosmo, 2023). Si tratta di un’opera particolare e affascinante che potrebbe essere definita un “silent comic book”. Senonché magari a Venuda verrebbe il dubbio se incasellarla nei fumetti o nei libri senza parole... In realtà qualche parola c’è ma né la protagonista né noi possiamo decifrarla in quanto espressa in una lingua del tutto ignota. L’assenza di parole, scopriamo però ben presto “leggendola”, non è una facilitazione come nei Silent Book in cui la narrazione è espressa in alcuni casi unicamente tramite le immagini proprio per non costringere il lettore al confronto con un codice di difficile interpretazione, ma al contrario è una difficoltà che costringe il “lettore” a dedurre le interazioni dalla storia così com’è narrata dalle immagini attraverso la loro specifica sintassi. Sarebbe opportuno parlare per i fumetti, ed in particolare proprio per un fumetto come questo (oltre che per gli esempi precedentemente riportati) si narrazione spaziale o, per citare Luciano Perondi, di “sinsemie” (vedere: Sinsemie. Scrittura nello spazio, Stampa Alternativa, 2012). Peccato che Perondi esplori le scritture spaziali nelle mappe antiche e negli arazzi medievali e non s’avveda che un esempio lampante ed estremamente prossimo è esattamente il linguaggio del fumetto (lo so che su questa cosa mi sto ripetendo – vedere, ad esempio, qui – ma mi disturba profondamente che uno strumento di analisi potenzialmente potente abbia mancato del tutto il “bersaglio grosso” fissandosi su esempi di scrittura tutto sommato occasionali e periferici).

Step by Bloody Step è la storia in quattro capitoli di un viaggio e contemporaneamente di una crescita. Nei quattro capitoli progressivamente scopriremo, assieme alla protagonista, il mistero, il conflitto, il tradimento, la morte e la trasfigurazione. Sia sotto questa prospettiva sia sotto quella dell’assenza di linguaggio verbale, l’opera si aggancia in maniera stretta ad un’altra opera, anch’essa capolavoro nel proprio genere: Journey (thatgamecompany, 2012). L’interattività di Journey si trasforma, nell’opera a fumetti, in una sovrabbondanza grafica – sia a livello di disegno che di composizione della tavola - che il lettore è chiamato ad esplorare e a decodificare, cercando i dettagli che gli rivelano parti e collegamenti della trama. Step by Bloody Step è un’opera contemporaneamente sperimentale ma compiuta che dimostra come anche la lettura delle immagini possa essere una lettura profonda ed intensiva quale quella a cui fa riferimento Maryanne Wolfe quando descrive la lettura non casuale ed episodica necessaria per affrontare la letteratura (vedi qui).




In particolare le competenze di lettura richieste dalla doppia sintassi del fumetto devono far riflettere, a mio parere, sulla presunta accessibilità dell’immagine. Non è forse possibile pensare che una comunicazione sia accessibile (solo) perché veicolata tramite immagini. Una comunicazione (uno spazio, una biblioteca) per essere accessibili devono essere progettate per esserlo e l’utilizzo delle immagini è solo una parte, magari importante ma non sufficiente, di tale progettazione.

Il problema nell’intervento di Fabio Venuda all’interno del libro Un posto anche per me è che si riduce fondamentalmente ad una elencazione di requisiti di cui almeno in due casi scopriamo essere frutto di pura teoria ed osservazione superficiale piuttosto che di studio ed esperienza diretta. Non c’è neanche bisogno di dar retta al sottoscritto: una delle curatrici, Annalisa Brunelli, nel suo intervento riprende ed approfondisce “le principali tipologie di libri accessibili” espungendo dall’elenco esattamente le due tipologie di libri di cui abbiamo parlato (pp. 65-69). Il problema allora è che anche sul resto di quanto esposto da Venuda viene da chiedersi: è trattazione approfondita e affidabile o anche su quest’altro materiale è ripetizione e sentito dire?

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