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"I libri per tutti" e la CAA trasformata in dialetto

Qualche anno fa una educatrice della scuola d’infanzia, nonché cara amica, mi sottopose, in qualità di bibliotecario, il suo progetto di realizzare alcuni semplici testi in simboli della  Comunicazione Aumentativa. Il mio consiglio fu quello di utilizzare testi privi di diritti (fiabe, testi tradizionali) e di realizzare i lavori utilizzando le licenze Creative Commons. Il suo lavoro andò avanti e alla fine dell’anno scolastico venne, assieme ai bambini, a consegnarmi in biblioteca i lavori realizzati. I testi realizzati furono catalogati e la versione in PDF fu caricata nel repository di Polo a disposizione di chiunque la volesse scaricare ed utilizzare. All’epoca ero anche assai attivo nel Comitato scientifico della piattaforma di biblioteca digitale ReteINDACO e quindi, anche su richiesta dell’educatrice, chiesi la possibilità che i testi fossero messi a disposizione di tutte le biblioteche che utilizzavano ReteINDACO. Mi scontrai però con la contrarietà di alcuni colleghi che sostenevano che i testi non erano adeguati a tale diffusione in quanto realizzati in simboli PCS e senza la validazione della Rete Biblioteche Aumentative. A quel punto, quasi obtorto collo, ho iniziato a documentarmi sulla Comunicazione Aumentativa e Alternativa ed a studiare.
Con l’educatrice e con una collega bibliotecaria abbiamo seguito a Milano, presso il Centro Sovrazonale, due giornate di formazione generale. Onestamente, all’inizio, avevo dubbi sulla scrittura in simboli che vedevo come mero ausilio per bambine e bambini con disabilità comunicative ma, dopo aver seguito la formazione, grazie alla illuminante introduzione teorica della Dott.ssa Costantino ed alle appassionate esercitazioni condotte sotto la guida delle pedagogiste e logopediste del Centro Sovrazonale di Milano, sia il sottoscritto sia la collega ci siamo non solo convinti dell’efficacia della CAA ma abbiamo deciso di sottoporre prima alle rispettive Amministrazioni di riferimento e quindi all’Istituto dei Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna un progetto per formare bibliotecari, educatori, operatori dei servizi sociali, insegnanti, genitori, ecc. sulla CAA e contemporaneamente di preparare un gruppo di traduttori che potessero realizzare libri in simboli da mettere a disposizione nelle nostre tre biblioteche (Castelvetro Piacentino, Fiorenzuola d’Arda e Monticelli d’Ongina, in Provincia di Piacenza).

Il progetto ha avuto successo e le tre biblioteche (assieme a quella di Sarmato, che si è aggiunta successivamente) hanno realizzato, anche col sostegno dei rispettivi Istituti Comprensivi e dell’Istituto Superiore Mattei di Fiorenzuola, svariati testi in simboli e sono entrate nella Rete Biblioteche Inbook (RBI). Dove, per “Inbook”, si intende un testo in simboli supervisionato e validato dal
Centro Studi Inbook (CSI), emanazione scientifica del Centro Sovrazonale estesa alle équipe di traduzione collegate alle biblioteche e a linguisti, proprio per garantire attraverso un continuo confronto tra traduttori provenienti dai più svariati ambiti (biblioteche, scuole, associazioni di genitori, ecc.) la garanzia di qualità delle opere prodotte. Garanzia necessaria in quanto la Comunicazione Aumentativa non è, come pensavo all’inizio, un mero ausilio ma piuttosto una vera e propria lingua con proprie regole e sintassi. Durante una riunione con colleghi e colleghe dell’Emilia-Romagna mi sono spinto a definire la Comunicazione Aumentativa “lingua ponte”: una lingua che permette a chi per tanti motivi abbia una difficoltà di approccio con la normale lingua rappresentata in forma alfabetica per svariati motivi (autismo, dislessia, diversa lingua madre, perdita della capacità intellettiva, ecc.) un passaggio alternativo, facilitato ma non banalizzato alla lingua.

Introduzione alla comunicazione aumentativa from csca on Vimeo.

Non nascondo che il rapporto burocratico/amministrativo con il Centro Studi e con la Rete Biblioteche Inbook non è stato semplice da un lato per tutta la miriade di complicazioni e bizantinismi che di anno in anno stanno sempre più affliggendo il lavoro della Pubblica
Amministrazione (alla faccia della “semplificazione” sbandierata da politici di ogni colore di volta in volta succedutisi al governo) dall’altro perché si tratta di istituzioni con base lombarda che non sempre riescono a integrarsi facilmente con regole e consuetudini presenti in altre regioni. Nonostante le difficoltà però è stato con grande soddisfazione che ho visto tante colleghe e tanti colleghi interessarsi ai risultati ottenuti al fine di dotare le raccolte e i servizi delle biblioteche con testi adeguati a bambine e bambini (e non solo) con disabilità comunicative. Senza nulla togliere alle competenze altrui, mi sia consentito di richiamare il programma nazionale Nati Per Leggere. NPL promuove la lettura fin dai primissimi mesi e giorni di vita perché le storie ci aiutano a crescere, perché il linguaggio ricco dei libri ci aiuta a formare nelle nostre bambine e nei nostri bambini un cervello in grado di rispondere alle sfide comunicative e educative che dovranno affrontare durante la crescita. Allora di storie e di lettura hanno ancora più bisogno bambine e bambini con disabilità comunicative mentre i libri adatti a loro ancor oggi sono in numero estremamente limitato. Non un caso che fra i libri promossi dalla bibliografia NPL ci siano anche Inbook come Un fantasma nella mia stanza o Gnam! (Clavis).
Pertanto il progetto di libri in simboli di Fondazione Paideia col supporto di editori del calibro di
GEMS, DEA Planeta, Giunti e Mondadori, annunciato al Salone del Libro di Torino l’anno scorso e portato al pubblico con i primi testi disponibili alla Bologna Children’s Book Fair da poco conclusasi, per quanto si temeva che rendesse il notevole lavoro fatto praticamente inutile, tuttavia sembrava garanzia della disponibilità di tanti e diversi libri in simboli proprio per la fetta ingente della produzione libraria garantita dal peso degli editori coinvolti. Purtroppo, quando alla fine, ho potuto “avere in mano” un esempio dei libri prodotti il timore s’è trasformato in angoscia. Provo a spiegare il perché. Già all’annuncio fatto al Salone di Torino nel 2018 sapevo che Fondazione Paideia non si rapportava col Centro Studi Inbook pur utilizzando il sistema simbolico WLS (Widgit Literary Symbols) e alcune delle convenzioni morfologiche e lessicali del Centro Studi stesso. A differenza di diverse altre esperienze di biblioteche aderenti alla RBI o comunque attive per offrire testi in CAA ai propri utenti che si rivolgono per la traduzione e la produzione di testi in simboli ad esperti esterni, il nostro progetto ha visto la formazione anche in qualità di traduttori dei bibliotecari per poter seguire con maggior consapevolezza il progetto stesso e garantirne la continuità anche una volta esaurito l’entusiasmo iniziale (e le risorse speciali ad esso assegnate). Per questo sono a conoscenza dei pro e dei contro dell’utilizzo del sistema simbolico WLS: i pro la flessibilità e la completezza che garantisce la possibilità di offrire una traduzione soddisfacente da un punto di vista lessicale con un buon compromesso tra astrazione e rappresentatività dei simboli (rispetto agli altri sistemi simbolici maggiormente utilizzati: ARASAAC, PCS, Bliss); i contro il fatto che sia un linguaggio sottoposto a copyright i cui diritti per di più sono gestiti in modo non sempre trasparente/coerente dalla società italiana che ne cura la distribuzione, Auxilia. I traduttori che fanno riferimento al CSI inoltre sono in contatto continuo su un forum apposito per confrontarsi su dubbi e possibili traduzioni. Confronto non banale perché essendo WLS originariamente creato per la lingua inglese, spesso occorre “adattare” significati e simboli non sempre perfettamente congruenti. Se la maggior parte dei testi tradotti in simboli sono libri per bambine e bambini piccoli o molto piccoli (come quelli nella bibliografia NPL), i traduttori e anche l’editoria stanno volgendo la loro attenzione a quelle persone più grandi, e quindi anche con esigenze di lettura maggiormente sofisticate da un punto di vista dei contenuti. Ad esempio la collaborazione mia e della biblioteca in cui lavoro con l’Istituto di istruzione superiore Mattei di Fiorenzuola ha prodotto testi - grazie anche al proficuo progetto a cui hanno collaborato diverse classi - pensati per ragazzi e ragazze all’interno dell’Istituto con difficoltà comunicative. A livello editoriale si stanno distinguendo Erickson, La Meridiana e Teka con la pubblicazione di riduzione e la traduzione in simboli di classici non solo per ragazzi come Dracula, Il mago di Oz, Il diario di Anna Frank, I promessi sposi, ecc.
In questo scenario si pone la nascita di I libri per tutti di Fondazione Paideia col supporto delle case
editrici sopra citate. Nella presentazione di Bologna si è affermato che i libri prodotti dal progetto saranno sia in formato elettronico sia in formato cartaceo. Fino ad oggi tuttavia sono disponibili non solo esclusivamente in formato elettronico, ma pure solo nella modalità “streaming”: non è possibile cioè scaricarli sull’app dedicata ma è necessario leggerli online. Pur riconoscendo l’attenzione posta all’usabilità nella scelta dei titoli e negli strumenti extratestuali di navigazione nel testo, l’utilizzo di una piacevole ed efficace voce per la lettura, occorre anche rimarcare come l’attuale modalità di lettura sia di appannaggio esclusivo di persone con disabilità comunicative altamente funzionali, già perfettamente a loro agio con l’utilizzo di un pc o un tablet. L’importanza di un libro analogico (e questo ce lo insegna proprio Nati Per Leggere) è dato dall’importanza non solo della storia, ma della storia letta da qualcuno che il bambino o la bambina amano a tal punto da volerne imitare i comportamenti, da qualcuno che si ama al punto da volere condividere con lui o con lei le cose, le attività, le storie preferite. E non è un caso che la CAA non sia un linguaggio indipendente da una modalità specifica di lettura. La modalità specifica di lettura prevista dalla CAA è il “modeling” cioè l’accompagnare la lettura dei vari simboli indicando col dito il simbolo stesso che si sta leggendo. Questo permette a chi ascolta di imparare ad associare il suono al rispettivo simbolo e, progressivamente, anche all’etichetta alfabetica. Nei libri in simboli di I libri per tutti il modeling è realizzato mediante l’evidenziazione del simbolo che di volta in volta viene letto: espediente certamente efficace ma poco coinvolgente. Tuttavia non mi pare questo il problema maggiore. Già dalla resa in simboli dei titoli in simboli possiamo notare che gli articoli non sono gestiti con simboli autonomi (come definito all'interno del CSI) ma accorpati al sostantivo a cui si riferiscono.

[video di presentazione del progetto I libri per tutti realizzato per il Salone di Torino 2018]

Ad esempio (screenshot dai libri di Fondazione Paideia e proposta di traduzione alternativa realizzata dal sottoscritto; attenzione ai fini della comparazione non si è ritenuto indispensabile sistemare punteggiatura e font, operazione invece necessaria per la realizzazione di un Inbook):


viene tradotto da chi fa riferimento al CSI esplicitando l’articolo con un simbolo astratto che riporta anche il genere. Normalmente l’articolo è accorpato al sostantivo quando occorre un testo, anche simbolico, personalizzato, per bambini e bambine molto piccoli o con competenze di comprensione del linguaggio molto basse (a livello di asilo nido, ad esempio).

Problemi maggiori li abbiamo invece con:


In questo caso inserire all’interno del simbolo del sostantivo (tana) non solo l’articolo (la) ma anche il possessivo (mia) fa ricadere la frase nel più puro “indianese”. “Indianese” è l’efficace espressione utilizzata dalla dott.ssa Costantino durante i suoi moduli formativi per indicare il malriposto intento di semplificazione del linguaggio operato nel tentativo di venire incontro a chi abbia minori competenze linguistiche. Ad esempio utilizzando una frase come “tu andare casa” invece di “vai a casa”. Il modo di tradurre “la mia tana” in questo caso è perfetto indianese perché ingloba significati che potenzialmente sono anche molto diversi. Se infatti il possessivo si appiattisce sul sostantivo, lo stesso simbolo lo useremo per almeno tre espressioni diverse: “la mia tana”, “la tua tana” e “la sua tana” dove è evidente che se il simbolo è identico, la differenza di significato è abissale.

Occorre poi segnalare delle scelte non univoche nella gestione dei personaggi. Vengono infatti raggruppati nello stesso simbolo “I tre porcellini”, mentre non si tratta né di un nome proprio (come ad esempio “Tea” che in maniera assolutamente corretta è associato al simbolo che raffigura la protagonista) né di una formula utilizzata nella fiaba che al contrario racconta il comportamento di ognuno dei tre. Di fronte all’accorpamento de “I tre porcellini” ci ritroviamo poi un “La bella addormentata” che a questo punto ci si poteva attendere altrettanto accorpata. Invece abbiamo due simboli: uno per “La bella” e uno per “addormentata” con la decisione francamente incomprensibile di utilizzare per l’aggettivo “bella” che non è né nome proprio né sostantivo l’immagine della protagonista. Situazione analoga la si ritrova con “Il gatto con gli stivali” anche se qui “gatto” è un sostantivo e si può pensare che si sia pensato ad un gatto specifico.



Ulteriore decisione che lascia dubbi è quello di accorpare in un unico simbolo “Stella stellina”. La ripetizione è voluta nel testo per motivi ritmici ed a questo punto è inesplicabile il motivo per cui a due parole corrisponda un solo simbolo disallineando il ritmo della lettura e quello del modeling.

Per finire porto qui ad esempio due pagine della versione (molto) ridotta e tradotta in simboli di “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza” di Sepulveda e come invece sarebbe stata tradotta dai traduttori del CSI. Le osservazioni.


Una vecchia tartaruga”. con due simboli in un solo riquadro. Tralasciando l’articolo non è chiaro perché l’aggettivo, pur espresso con un proprio simbolo, sia stato inserito nel medesimo riquadro del sostantivo. Sempre ai fini del modeling abbiamo un solo simbolo confusivo perché invece le parole (le etichette alfabetiche) sono due (tre con l’articolo). Ho personalmente utilizzato un simbolo doppio solo in casi di parole composte, come ad esempio “ecosistema” dove evidentemente c’è un doppio significato ma unito in un’unica parola.

Dà un nome”: qui è ancora più incomprensibile perché l’azione “dare” non abbia un suo simbolo e sia accorpata all’oggetto. “Dare un nome” non è una “frase fatta” non scomponibile nei suoi significati originari, per cui l’accorpamento appare immotivato.

RIBELLE”. Tenendo conto del fatto che “ribelle” è una parola (che può essere sia aggettivo sia sostantivo) perfettamente traducibile, non si capisce perché non sia stata tradotta mettendo il simbolo corrispondente. Dato che da lì in poi nel testo la protagonista, che prima viene chiamata genericamente “lumaca”, viene chiamata col nome proprio che le è stato assegnato, personalmente avrei optato per utilizzare il simbolo “ribelle” (ricavato dal simbolo inglese “rebel”) da solo quando viene assegnato come nome e poi come qualificatore del generico lumaca fin lì utilizzato per indicare che si sta parlando non di un ribelle o di una lumaca generici, ma della lumaca Ribelle.

Una strada scura”. Ora chi non è traduttore potrebbe essere tratto in inganno dal colore nero del simbolo della strada e giustificare l’accorpamento di sostantivo e aggettivo, ma in realtà quello è invece effettivamente il simbolo della strada e l’aggettivo nero non è da nessuna parte nel simbolo e se ci fosse scritto “la strada bianca” seguendo lo stesso metodo di accorpamento avrebbe visto un simbolo esattamente identico per quanto con significato opposto.

Le macchine”. I traduttori afferenti al CSI valutano per uniformità di evitare i simboli con una sorta di singolare collettivo come quello utilizzato qui e di utilizzare piuttosto il simbolo del singolare a cui è da aggiungere il qualificatore del plurale (i due “+”). In questo caso si tratta di una scelta, ma è una scelta che occorre rendere coerente ed utilizzare ogni volta non come accade qui che nella stessa pagina c’è il plurale di “macchine” trattato in un modo ed il plurale di “uomini” e di “case” trattato in un altro.

Come si vede i possibili dubbi e i motivi di confronto sono tanti anche di fronte a testi apparentemente semplici. Questo spiega l’angoscia provata nel vedere che un gruppo di editori rappresentanti una significativa fetta del mercato editoriale italiano si è lanciato in un progetto delicatissimo come la pubblicazione di libri per persone con disabilità comunicative senza porsi il problema di confrontarsi con chi già da anni sta lavorando sulla traduzione in simboli non chiudendosi in istituzioni o progetti impermeabili ma piuttosto discutendo e confrontandosi in maniera continua con le varie realtà culturali sanitarie, educative, e associative attive per migliorare l’inclusività della lettura. In realtà quello che ha fatto Fondazione Paideia col supporto (quanto consapevole?) degli editori è stato creare un nuovo dialetto in simboli, quando la necessità era quella di arrivare ad una lingua il più possibile condivisa. E non importa che in una sola volta I libri per tutti abbiano prodotto quasi tanti libri in simboli quanti quelli che prima erano pubblicati in un anno: se per ipotesi trovassi qualcuno disposto a pubblicarmi qualche migliaio di libri scritti in dialetto piacentino potrei forse a qualche titolo dichiarare che il dialetto piacentino è la lingua italiana? Peggio: coinvolgendo una fetta così consistente dell’editoria in un prodotto che dal punto di vista della scrittura in simboli non è certamente il massimo della cura, ci si muove come un elefante in una cristalleria, sconvolgendo equilibri ed accordi con le realtà, anche editoriali, fin qui attive e propositive.

Commenti

  1. Nella piena "trasformazione" o meglio cammino intrapreso da parte, oltre che dal mondo dei bibliotecari, anche e in primis è bene ricordare, una serie di professionalità di area socio-sanitaria ed educativa, nell'ultimo triennio sulla tematica IN-Book e la sua presenza, valore, "concretizzazione di realizzzazione ... approdando al modello inbook nel 2017 similmente è avvenuto con gli standard ISBD (es. posso riconoscere le aree per la gestione catalografica anche se il testo è di area finnica per chi è come me bibliotecarria meglio comprende il nesso) e lo stesso quindi accade con i simboli dei testi, in modello inbook.
    Se però alcuni elementi "trasparenti" cambiano, all'interno di uno stesso linea editoriale, mandano in confusione non solo una persona che non ha disabilità ma tutti coloro che seppur avrebbero maggiore bisogno di comunicare e quindi di relazionare; in tale coacervo penso agli ASD, i BES e i BCC che si troverebbero invece in una "torre di babele" con un potenziale risultato di impoverimento "comunicativo" o, meglio confusione nell'avvicinamento delle diverse tipologie di testi. Mi sentirei quindi di dire monitorare e vedere in un tempo medio-lungo l'efficacia di tale Progetto editoriale specifico sulle diverse e diversitificate tipologie di utenze ma chi è come noi all'interno della retebibliotecheinbook per le Marche ci sentiamo di seguire il modello del Centrostuduinbook per quello che si sta riscontrando sia nelle biblioteche dove è presente la sezione: LeggereTutti sia nelle attività che la biblioteca speciale sta disseminando nelle scuole pur facendo conoscere anche gli altri progetti come il sopra citato: "Libri per tutti" e i libri di Camilla in quanto la figura del bibliotecario è una tra le diverse sopra citate ma che in un discorso di presa in carico globale seppur di gratuità di lettura non prastazionale, delle riflessioni potrebbero svilupparsi come quella del collega Mazzetta e la CAA mutata in dialetto.
    Fondazione A.R.C.A. - Onlus

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  3. un piccolo contributo alla riflessione, per raccontare il lavoro di Fondazione Paideia. Al link https://www.ilibripertutti.it/progetto/
    (in fondo alla pagina) il download del documento "Progetto per la lettura inclusiva e lo sviluppo editoriale di libri e libri digitali in simboli della Comunicazione Aumentativa e Alternativa".

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  4. Per comodità di chi legge riporto il link diretto al documento: https://www.ilibripertutti.it/app/uploads/2019/05/LIBRI-PER-TUTTI-Progetto-per-la-lettura-inclusiva-e-lo-sviluppo-editoriale-di-libri-e-libri-digitali-in-simboli-della-Comunicazione-Aumentativa-e-Alternativa.pdf

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