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Parlare a lettore perché bibliotecario intenda


Aprendo il libro di Stefano Parise Dieci buoni motivi per andare in biblioteca (Bibliografica, 2011) mi sono un po' sorpreso di trovarmi di fronte dei racconti. Che Parise, dissimulandosi in una collana di agili guide sulla biblioteca, abbia delle velleità letterarie? 

Il primo racconto, La biblioteca è tua, la biblioteca è per te, che mette in scena un gruppo di giovanissimi che disquisiscono su quanto o meno sia interessante ed utile la biblioteca sembra negare tali velleità: il dialogo è legnoso ed improbabile come sono la maggior parte dei dialoghi inventati da scrittori non professionisti. Ecco così che rassicurato sulla sostanziale biblioteconomicità (e non letterarietà) dell'opera mi accingo al secondo (pseudo?) racconto: In biblioteca si legge.

BUM! Colpo allo stomaco quando meno te lo aspetti. In biblioteca si legge è bello fino alle lacrime. La storia di una ragazza che si è sempre disinteressata di libri e di letture fino alla precoce gravidanza che ha causato il rapido volatilizzarsi dell'incauto fidanzato. Il contatto con persone gentili che ti parlano di quanto sia importante leggere al tuo bambino, anche quanto ancora non lo puoi tenere in braccio perché è dentro di te. Le letture poi in biblioteca, l'incontro con altre mamme che ti consigliano libri che a loro sono piaciuti. Trovare nuovi amici, nuovi interessi. Ovviamente un po' sarà anche colpa del fatto che sono uno di quelli che parla - con entusiasmo di genitore che ha tenuto in braccio i suoi figli leggendo loro un sacco di storie, a volte penso, fin troppo usandoli come cavie per le letture da proporre poi in biblioteca - ma ancora qui, riassumendone la trama, mi commuovo.

E non va diversamente per gli altri racconti (tranne forse uno dove ritornano di scena i giovani ed i loro dialoghi stavolta via chat). Mi tornano spontaneamente alla mente quello del padre disoccupato che va in biblioteca assieme al figlio, uno a studiare e l'altro ad inviare curriculum; o quello delle due signore anziane che spiano benevolmente le richieste di reference dei lettori.

Su tutto un'immagine di una biblioteca efficace ed efficiente ma soprattutto che riesce ad essere di interesse ("interessa", non è "interessante", seguendo la distinzione heideggeriana) per i lettori e per la comunità in cui vive e che fa vivere.  Ma più ancora che un depliant pubblicitario in stile agenzia di viaggio per coloro che ancora non utilizzano la biblioteca, il libretto di Parise mi è sembrato una sorta di "dire a nuora perché suocera intenda", o meglio: "dire a lettore perché bibliotecario intenda".

Più che al non frequentatore della biblioteca (che probabilmente non sarà neppure un grande frequentatore di libri e su tutti di quelli che parlano di biblioteche) i racconti di Parise servono a com-muovere (e possibilmente quindi a s-muovere) i bibliotecari perché pensino e agiscano le "loro" biblioteche in funzione degli utenti del 21. secolo. Non necessariamente utenti informatizzati, ad esempio, ma utenti che hanno bisogno dell'informatica e per i quali la biblioteca può essere utile fornitrice di corsi di base, ecc.

In particolare la recente discussione in AIB-CUR sui volontari in biblioteca, innescata dall'intervista ad Antonella Agnoli pubblicata da Repubblica (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/02/03/il-volontariato-della-cultura-le-piccole-biblioteche.html), proprio qui può avere un minimo comune denominatore per la costruzione di una soluzione: valorizzare i volontari della biblioteca salvaguardando la professionalità dei bibliotecari. Il racconto in questione è La biblioteca è social e vi vede protagonisti Mario, infermiere separato, e Giuseppe, insegnante in pensione. L'eccesso di tempo libero e il desiderio di impiegarlo in attività utili ed insieme appaganti a contatto con la passione per entrambi di sempre, il libro, li porta a proporsi come volontari in una biblioteca che, nonostante le resistenze burocratiche della direttrice, riesce a incanalare la passione dei due nell'animazione di un gruppo di lettura che progressivamente si espande fino a diventare anche una forma di supporto finanziario per la biblioteca tramite il mercatino dei libri usati.

​Insomma un libro, questo di Parise, che magari non avrà l'apparenza del paludato testo di biblioteconomia, ma che più di altri teorici e concettuosi tomi sull'argomento, ci costringe a riflettere su cosa fare nelle "nostre" biblioteche perché non solo sopravvivano ad internet ma anzi perché diventino imprescindibili strumenti per i cittadini di oggi e di domani.

Commenti

  1. E' piaciuto molto anche a me il taglio dato, lo stile narrativo e il modo di raccontare i diversi modi di essere della biblioteca pubblica e, proprio seguendo la discussione su AIB CUR, è venuto in mente anche a me il capitolo "La biblioteca è social".
    Marilena Puggioni

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