Stamattina, aprendo Facebook (pessima idea, lo riconosco), trovo il post di una persona che conosco, sinceramente di sinistra che scrive come commento all’immagine di una bandiera arcobaleno, col Caps Lock rigorosamente attivo: “NON SCHIERIAMOCI!!! SCHIERANDOCI ALIMENTIAMO LA GUERRA. SCHIERIAMOCI PER LA PACE”. Il primo pensiero è stato al principio per cui chi si dichiara né di destra né di sinistra (cioè non si schiera) di solito è di destra. Nel caso specifico ovviamente è più o meno pro-Putin. Il secondo pensiero è stato: seguendo quanto proponi, se vedo qualcuno che ti malmena in strada, per non alimentare il conflitto, mi schiero per la pace e senza immischiarmi proseguo per i fatti miei.
Piuttosto che rispondere al post, generando diatribe, preferisco accennarne qui per scrivere finalmente del libro di Maria Edgarda “Eddi” Marcucci (aka Heval Shilan): Rabbia proteggimi: dalla Val di Susa al Kurdistan, storia di una condanna inspiegabile (Rizzoli Lizard). Nonostante abbia finito il libro da svariati giorni, non avevo (e forse ancora non ho) trovato le parole giuste per presentare questo libro, non tanto per il libro in sé, ma per il momento in cui si presenta.
Marcucci racconta nel libro la vicenda giudiziaria che l’ha portata ad un biennio di sorveglianza speciale. Questa “pena” le è stata inflitta dal Tribunale di Torino non per reati commessi e per cui è stata condannata, ma piuttosto come “misura precauzionale” per essersi recata in Rojava a fare esperienza diretta del sistema sociale del Confederalismo democratico e per combattere contemporaneamente le bande integraliste dell’Isis e quelle dell’espansionismo turco che lo minacciavano e lo minacciano. Si è addestrata ad usare le armi, appoggia le manifestazioni contro la TAV e contro la vendita di armi alla Turchia, è attiva nei centri sociali dunque – sentenzia il Tribunale, così come riportato negli atti presenti nel libro – la Marcucci è potenzialmente pericolosa per la società e va tenuta sotto stretta osservazione limitando pesantemente la sua libertà personale.
Marcucci scrive nel suo libro i mesi lungo cui si sono protratte le udienze dal suo rientro dal Kurdistan fino alla sentenza avvenuta nel marzo del 2020. E non può contemporaneamente non scrivere dell’evento sostanziale a cui quella sentenza si è appigliata: l’adesione alle YPJ (le forze femminili di difesa del Rojava), i combattimenti a cui a partecipato, le persone che come lei hanno fatto questa scelta (gli “internazionalisti”) ma che a differenza di lei non sono potuti tornare a casa, come Anna Campbell o Lorenzo Orsetti. Paradossalmente, chi non conosca nulla della storia della Marcucci potrebbe pensare che sia lei quella raffigurata nella prima fotografia che apre il libro, mentre invece si tratta di Anna Campbell (aka Helin Qerecox), uccisa durante l’occupazione di Afrin da parte delle milizie al soldo turco. Scopro nel libro che Campbell e Marcucci si conoscevano (anche se le avevo già accomunate come splendido esempio di donne capaci di incarnare e combattere per gli ideali in cui credono: qui) mentre invece sapevo che la Marcucci e Lorenzo “Orso” Orsetti (aka Tekoser) si fossero incrociati. Il qui pro quo è tanto più giustificato quanto più nel libro non ci sono foto chiare della Marcucci: al più è rappresentata in foto di gruppo e o all’interno di manifestazioni o lasciata all’interpretazione di Sara Pavan, che arricchisce graficamente il libro. Il motivo potrebbe essere la sensazione di dispetto raccontata dalla Marcucci quando, di fronte alle sue critiche ad un giornalista che non aveva riportato con accuratezza quanto da lei spiegato nel corso di un’intervista, quello ribatte che comunque i lettori faranno attenzione piuttosto alla sua fotografia. La fotografia di una donna giovane e certamente attraente. A cui però non interessa l’attenzione per il proprio aspetto ma per le cause che abbraccia.
E qui vorrei tornare alla situazione odierna. Se la pace si ottiene non schierandosi, quanto grande è lo sbaglio compiuto da Marcucci (ed ovviamente ancor più da Campbell ed Orsetti) nell’andare a combattere in una guerra ancor più lontana da noi quale quella combattuta nel nord della Siria? Certo, loro sono andati a combattere contro integralismo islamico e fascismo turco per difendere l’idea di Confederalismo democratico, una revisione socialmente inclusiva del comunismo (di cui ho scritto in dettaglio qui), mentre non si può dire che né Russia né Ucraina siano particolarmente vicine ad una qualsiasi visione o variante del comunismo. Ma la cosa non importa perché se il principio è che la pace si raggiunge esclusivamente non combattendo, allora combattere è sbagliato anche se la causa per cui si combatte è giusta.
Non so cosa pensi Marcucci dell’invasione russa dell’Ucraina, della posizione che sta tenendo il nostro paese tra chi vorrebbe inviare armi e innalzare il budget per le spese militari e chi – come il collegamento citato all’inizio – vorrebbe restare strettamente neutrale: né coinvolgimento, né invio di armi, né aumento di spese militari. Quest’ultima è una galassia che contiene tanto gente di sinistra ancora in qualche modo legata all’idea della guerra bolscevica contro i nazisti (non solo) ucraini a tutta quella destra più o meno estrema che con il regime di Putin e con l’ideologia duginiana andava (e va?) a nozze. Una posizione che ricerchi una via ragionevole alla pace (non scateniamo una guerra mondiale ma rispettiamo la volontà di un paese aggredito militarmente, aiutandolo come possibile, magari anche con attrezzatura che gli consenta di difendersi) sembra aliena e senza speranza di alcun seguito.
Per questo mi piacerebbe ascoltare quello che pensa Marcucci di questa situazione, alla luce anche della sua esperienza, delle motivazioni che l’hanno portata lontano da casa a combattere, e che hanno avuto la durissima conseguenza, una volta a casa, di farla considerare alla stregua di una potenziale terrorista, magari riuscire a porle qualche domanda, a dialogare con lei del conflitto ucraino visto alla luce degli ideali del Confederalismo democratico.
Foto di Anna Campbell dal libro Rabbia proteggimi |
Post Scriptum: riporto qui di seguito (in foto perché l'articolo su Internet è disponibile solo per gli abbonati) il Buongiorno di Mattia Feltri da La Stampa di ieri. Mi sembra che in modo giornalisticamente migliore ma sostanzialmente non troppo dissimile dal sottoscritto esprima le medesime posizioni.
da La Stampa del 26/03/2022 |
Della posizione di Marcucci sul conflitto in Ucraina se ne parla in questo articolo uscito un paio di mesi dopo il tuo post https://espresso.repubblica.it/attualita/2022/05/20/news/eddi_marcucci_curdi_erdogan_ucraina-350359588/
RispondiEliminaGrazie per la segnalazione. Trovo comprensibile la posizione di Marcucci. La condizionalità per gli aiuti militari è certamente condivisibile su un piano teorico, ma temo irrealistica su quello pratico. In una situazione quale quella ucraina addirittura si è arrivati a parteggiare per il battaglione dichiaratamente neonazista di Azov quando resisteva strenuamente nell'acciaieria assediata proteggendo i civili là rifugiati.
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