Appena finito di scrivere qualche impressione, non proprio positiva, su Ten Things Video Games Can Teach Us (About Life, Philosophy and Everything) (Robinson, 2017), passando dai capitoli scritti da Jordan Erica Webber (i primi cinque) a quelli del coautore Daniel Griliopoulus tocca tornare precipitosamente sull'argomento. Nel suo primo capitolo Griliopoulus si occupa di libero arbitrio. Il gioco principalmente analizzato è Deus Ex: Mankind Divided, ma non è tanto tale accostamento che mi ha lasciato perplesso, quanto l'analisi della contrapposizione tra libero arbitrio e causalità universale con la teoria della "mente tripartita" tra coscienza, id e superego alla base della psicanalisi freudiana. Griliopoulus chiude in questo modo l'argomento:
Ma andiamo avanti.
Chissà infine come si spiega Griliopoulus che un filosofo occupato unicamente a giustificare i propri i pregiudizi sia considerato uno dei caposaldi fondamentali del pensiero moderno.
Forse il problema è piuttosto che le mie aspettative per questo libro si stanno sempre più dimostrando decisamente eccessive...
It's worth noting that none of these theories has any basis in empirical evidence - they're just narratives drawn from our subjective experience of how our minds work. While that might be good enough for pseudoscience like Freudian psychoanalysis or the rethorical sections of the Republic, most philosophers prefer to work to a higher standard. If free will is an illusion, we need to define our terms better.
(È interessante notare che nessuna di queste teorie ha alcuna base nell'evidenza empirica - sono solo narrazioni ricavate dalla nostra esperienza soggettiva su come le nostre menti funzionano. Mentre ciò potrebbe essere sufficiente per una pseudoscienza come la psicanalisi freudiana o per le sezioni retoriche della Repubblica, la maggior parte dei filosofi preferisce lavorare ad uno standard più elevato. Se il libero arbitrio è un'illusione, abbiamo bisogno di definire meglio i nostri termini. Traduzione e sottolineatura mia)Con un grande amico che purtroppo non c'è più si è discusso a lungo sulla "scientificità" della psicanalisi. Antonio Arcuri - psicanalizzato e appassionato studioso della psicanalisi - la sosteneva categoricamente così come categoricamente la escludevo io appellandomi al principio popperiano della falsificabilità. Sostanzialmente quello che sostiene Popper è che una teoria può dirsi scientifica solo se pone le basi per la propria falsificazione a seguito di verifica empirica. Facciamo un esempio. La teoria X sostiene che tutti gli elementi A possano avere una dimensione pari o minore di un valore dato, diciamo 10. Se verifiche e misurazioni scoprono elementi A di misura maggiore a 10 la teoria X va sostituita o corretta. Evidentemente la psicanalisi non regge al principio popperiano perché utilizza elementi non verificanti empiricamente per operare empiricamente sulla realtà Quello che sostenevo era piuttosto che la psicanalisi era (è) equiparabile alla medicina, che non è tanto una scienza in sé (ad alcune cure vi sono pazienti che guariscono e pazienti che muoiono) quanto una disciplina che prende i risultati da altre scienze (fisiologia, anatomia, biologia, chimica, ecc.) per operare con uno spazio comunque di aleatorietà e di soggettività per risolvere i problemi delle persone. La pseudoscienza è piuttosto una disciplina che consapevolmente tenta di ricavare teorie rigorose da principi immaginari. E la logica classica c'insegna che da premesse false è possibile ricavare qualsiasi cosa. L'esempio lampante è l'astrologia che cerca di ricavare dati certi e predittivi su caratteri ed azioni umane da aggregazioni casuali e puramente ottiche di corpi celesti. La psicanalisi (assieme alla medicina) non è una scienza né una pseudoscienza, ma piuttosto un complesso di teorie in molti casi efficaci a livello terapeutico. Quale frutto nel denigrare in maniera sostanzialmente gratuita un complesso teorico che non solo è stato oggetto di discussione ed approfondimento da parte di tante menti tutt'altro che superficiali e di più ha alleviato le sofferenze di tante più persone?
Ma andiamo avanti.
This concept is a problem for these philosophers who seek to retain free will. The influential German philosopher Immanuel Kant, for example, was so keen to retain the concept that he even posited that the physical world wasn't the real world, but there was a separate "noumenal" world inaccessible to human perception, just to house free will.
Tipically, when a philosopher employs an argument that involves inventing a whole new sphere of existence just to justify their own prejudices... it's not a very convincing argument.
(Questo concetto [di una mente divina in grado di ricostruire la catena completa di causa ed effetto nell'universo] è un problema per questi filosofi che cercano di giustificare il libero arbitrio. L'influente filosofo tedesco Immanuel Kant, per esempio, voleva a tal punto mantenere il concetto che postulò addirittura che il mondo fisico non era il mondo reale, ma c'era un separato mondo "noumenico" inaccessibile alla percezione umana, solo per mantenere libera la volontà.
Tipicamente, quando un filosofo impiega un argomento che implica l'introduzione di una sfera dell'esistenza completamente nuova solo per giustificare i loro propri pregiudizi... non è un argomento molto convincente. Traduzione mia)Ora l'origine del noumeno non è il capriccio di un filosofo volubile interessato unicamente a preservare il libero arbitrio quanto la ripresa del dubbio cartesiano (già analizzato nella prima parte del libro dalla Webber). Cartesio arriva alla certezza sul cogito, sulla realtà del pensare. La proiezione dell'attributo di realtà al mondo è garantito in Cartesio solo dalla garanzia divina. Kant rifiuta tale garanzia e il risultato è che non può garantire che la realtà esterna al pensiero coincida con la realtà interna. Tutto ciò che noi conosciamo è una ricostruzione mentale delle informazione che ricaviamo dai nostri sensi. I miei sensi ad esempio mi dicono che sono seduto su un divano con una tavolo solido di fronte a me, ma la fisica mi direbbe piuttosto che la differenza tra il tavolo e l'aria che mi circonda non è una differenza di pieno e vuoto e che in realtà è tutto spazio vuoto con differenze minime di densità atomica. Qual è la realtà? Noumeno o realtà inconoscibile non significa creare una teoria fantasiosa per giustificare dei pregiudizi, ma piuttosto cercare di capire come, nonostante la nostra mente non abbia alcuna garanzia della corrispondenza tra quello che pensa e quello che "effettivamente" esiste, il nostro pensare ed il nostro agire di conseguenza possano essere non solo esercizi di solipsismo ma pensieri ed azioni coerenti e significative.
Chissà infine come si spiega Griliopoulus che un filosofo occupato unicamente a giustificare i propri i pregiudizi sia considerato uno dei caposaldi fondamentali del pensiero moderno.
Forse il problema è piuttosto che le mie aspettative per questo libro si stanno sempre più dimostrando decisamente eccessive...
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